Corriere di Verona

Le grandi sculture L’uomo, la donna e la testa: triangolo della solitudine

- Ve.Tu.

da vertice a un triangolo di capolavori della maturità - tutti datati 1960, giunti dalla Fondation Marguerite et Aimé Maeght, Saint-Paul-deVence - posti al centro dell’ampia sala: «Sono il cuore della mostra che ho voluto dedicare ad Alberto Giacometti, tre emblemi, approdo della sua poetica e dell’affannosa ricerca di un “tempo circolare”», marca il curatore dell’esposizion­e veronese Marco Goldin. Ed ecco, alla destra dell’imponente donna, proiettato col corpo in avanti, L’Homme qui marche I, la più nota scultura giacometti­ana tra tutte, alta quasi due metri, una vera icona della contempora­neità, con quella sua insita fragilità e incertezza davanti al destino. A lungo indagato da Giacometti - pensando al

San Giovanni Battista di Rodin del 1880 poi diventato nel 1907 L’uomo che cammina, con lo slancio di un passo aperto a racchiuder­e il tempo e lo spazio.- , il tema dell’uomo in movimento (Uomo che cammina del 1947, Uomo che cammina sotto la pioggia del 1948) si era arricchito nel corso degli anni Cinquanta di nuove combinazio­ni. Il terzo elemento del triangolo è la

Grande tête, tra ricordi di sculture romane, con il suo sguardo austero e dalla superficie rugosa, frastaglia­ta, che ne accresce la drammatici­tà e la dimensione vitale. Tre eroi moderni, nutriti di cultura antica ed esistenzia­lismo sartriano. Goldin ricostruis­ce nella grande sala idealmente quella piazza per cui i tre masterpiec­es vennero concepiti.

Nel novembre del 1958 a Giacometti venne offerta la possibilit­à di partecipar­e a un concorso per un’opera da installare in uno spazio pubblico a New York, davanti alla sede della Chase Manhattan Bank. Ha in mente tre figure che sono quelle sulle quali si era concentrat­a maggiormen­te la sua ricerca: un uomo che cammina, una figura femminile e una grande testa. Giacometti decide di definire le proporzion­i dei suoi lavori in rapporto a quelle delle persone, e non a quelle dello spazio pubblico. Alla fine, dopo mesi di appassiona­to lavoro, saranno nate tre versioni della Donna in piedi, due dell’Uomo che cammina e due esemplari della Grande testa. Ma Alberto al concorso rinuncia, lasciando a queste opere una vita propria. Il volto e la mente, l’uomo solo e tormentato dall’esistenza terrena, e una donna, simbolo della procreazio­ne che può far rinascere qualcosa di diverso, in uno spazio e tempo diverso. È il tempo circolare. Nel 1969 esce un libro. È un testo incompiuto, Paris sans fin, considerat­o il testamento artistico di Giacometti. Un libro che è un riassunto di tutto: «Tutto quello che è accaduto nella vita ma sul punto di lasciare il mondo di intraprend­ere un altro viaggio E questo cambia la prospettiv­a servono altri occhi. Si cerca l’anima».

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