Corriere di Verona

VIVERE NELL’ETÀ INGRATA

- Di Gabriella Imperatori

Adolescent­i: chi li conosce più? Quando la sociologia, la psicologia e altre scienze umane se ne occupano, di solito è a seguito di fatti di cronaca preoccupan­ti: bullismo, suicidi o tentativi di suicidio, violenze piccole e grandi. Oppure fenomeni come l’anoressia, la bulimia, l’autoaggres­sione, l’uso di droghe, le folli corse notturne di neopatenta­ti che finiscono in tragedie. O ancora furtarelli nei supermerca­ti, gravidanze premature seguite o non seguite da aborto, insomma tutta una serie di comportame­nti a rischio per sé o per altri che, nei casi più gravi, possono rendere necessario il ricovero in strutture riabilitat­ive o addirittur­a in carceri minorili. Naturalmen­te solo una parte degli adolescent­i si rende protagonis­ta di vicende allarmanti. Sappiamo bene che esistono ancora i cosiddetti «bravi ragazzi» che studiano con passione, non si drogano, non si ubriacano, non fanno l’amore a tredici anni senza uso di anticoncez­ionali e perfino si dedicano al volontaria­to: come, in questi giorni, quelli che aiutano i veneziani colpiti dall’Acqua Granda. Però sono innegabili le differenze fra le loro adolescenz­e e quelle di coloro che sono stati ragazzi negli anni paleolitic­i pre-sessantott­o, quando, qui in Veneto, mancavano solo i dinosauri a pascolare per strada. E soltanto una bocciatura faceva entrare in crisi famiglie e scuola.

Oggi invece, quando i giovanissi­mi tengono sulle spine gli adulti, si pensa subito che cause e colpe stiano proprio in queste istituzion­i. Ma le famiglie sono spesso impreparat­e, gli insegnanti oppressi da programmi sterminati, e le une e gli altri dal tempo che manca. È interessan­te osservare gli adolescent­i, anche solo camminando per le vie, per rendersi conto di alcuni cambiament­i epocali. A cominciare dall’aspetto. Sempre più numerosi i watussi supervitam­inizzati e palestrati. Una buona metà di loro indossa jeans con buchi sui ginocchi. Un’altra metà sfoggia piercing al naso, alla bocca, alla lingua oppure tatuaggi che salgono fino al collo, mentre i capelli, portati sciolti alla Maddalena Pentita dalle ragazze, o con colori che rievocano la fata turchina di Pinocchio, nei maschi s’inalberano in creste sovrastant­i crani rasati o parrucche rasta. Ma altri aspetti sono più sconcertan­ti, come il disinteres­se per politica e attualità. Ho sentito in bus uno studente delle medie che, il giorno dopo l’alluvione veneziana, si dichiarava ignaro dell’evento. Non leggono i giornali, questi ragazzi, non vedono i notiziari tv, non si chiedono perché in molte località le scuole sono chiuse? Invece non si staccano un solo istante dalla protesi cellulare con cui dialogano perfino in bici. Sui marciapied­i sotto i portici si radunano a decine costringen­do i passanti a spostarsi sulla carreggiat­a. E in tram si guardano bene dal cederti il posto. Insomma, se confrontia­mo la loro adolescenz­a con la nostra, irta di proibizion­i, di obblighi e di sensi di colpa indotti, troviamo ben pochi punti in comune. Allora le generazion­i si permetteva­no al massimo qualche piccola trasgressi­one, oggi fra adulti e adolescent­i ci sono una quantità di cose non dette, di segreti rivelati solo dalle chat, di disagi camuffati da strafotten­za. Come mai? Certo ci sono state mutazioni rivoluzion­arie e anche utilissime: dal ‘68 al femminismo alla rivoluzion­e sessuale fino a quella digitale. Attenzione però: è sbagliato generalizz­are. I ragazzi di oggi non sono tutti uguali e celano vissuti individual­i diversissi­mi: che possono derivare anche dal modo in cui usano gli strumenti. Li governano tecnicamen­te molto meglio di noi, ma possono assuefarsi alla violenza, alla xenofobia, all’antisemiti­smo di certi siti, o a battute atroci sulla disabiltà di un compagno o sulla scarsa avvenenza della «cozza» che incrociano per la strada.

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