VIVERE NELL’ETÀ INGRATA
Adolescenti: chi li conosce più? Quando la sociologia, la psicologia e altre scienze umane se ne occupano, di solito è a seguito di fatti di cronaca preoccupanti: bullismo, suicidi o tentativi di suicidio, violenze piccole e grandi. Oppure fenomeni come l’anoressia, la bulimia, l’autoaggressione, l’uso di droghe, le folli corse notturne di neopatentati che finiscono in tragedie. O ancora furtarelli nei supermercati, gravidanze premature seguite o non seguite da aborto, insomma tutta una serie di comportamenti a rischio per sé o per altri che, nei casi più gravi, possono rendere necessario il ricovero in strutture riabilitative o addirittura in carceri minorili. Naturalmente solo una parte degli adolescenti si rende protagonista di vicende allarmanti. Sappiamo bene che esistono ancora i cosiddetti «bravi ragazzi» che studiano con passione, non si drogano, non si ubriacano, non fanno l’amore a tredici anni senza uso di anticoncezionali e perfino si dedicano al volontariato: come, in questi giorni, quelli che aiutano i veneziani colpiti dall’Acqua Granda. Però sono innegabili le differenze fra le loro adolescenze e quelle di coloro che sono stati ragazzi negli anni paleolitici pre-sessantotto, quando, qui in Veneto, mancavano solo i dinosauri a pascolare per strada. E soltanto una bocciatura faceva entrare in crisi famiglie e scuola.
Oggi invece, quando i giovanissimi tengono sulle spine gli adulti, si pensa subito che cause e colpe stiano proprio in queste istituzioni. Ma le famiglie sono spesso impreparate, gli insegnanti oppressi da programmi sterminati, e le une e gli altri dal tempo che manca. È interessante osservare gli adolescenti, anche solo camminando per le vie, per rendersi conto di alcuni cambiamenti epocali. A cominciare dall’aspetto. Sempre più numerosi i watussi supervitaminizzati e palestrati. Una buona metà di loro indossa jeans con buchi sui ginocchi. Un’altra metà sfoggia piercing al naso, alla bocca, alla lingua oppure tatuaggi che salgono fino al collo, mentre i capelli, portati sciolti alla Maddalena Pentita dalle ragazze, o con colori che rievocano la fata turchina di Pinocchio, nei maschi s’inalberano in creste sovrastanti crani rasati o parrucche rasta. Ma altri aspetti sono più sconcertanti, come il disinteresse per politica e attualità. Ho sentito in bus uno studente delle medie che, il giorno dopo l’alluvione veneziana, si dichiarava ignaro dell’evento. Non leggono i giornali, questi ragazzi, non vedono i notiziari tv, non si chiedono perché in molte località le scuole sono chiuse? Invece non si staccano un solo istante dalla protesi cellulare con cui dialogano perfino in bici. Sui marciapiedi sotto i portici si radunano a decine costringendo i passanti a spostarsi sulla carreggiata. E in tram si guardano bene dal cederti il posto. Insomma, se confrontiamo la loro adolescenza con la nostra, irta di proibizioni, di obblighi e di sensi di colpa indotti, troviamo ben pochi punti in comune. Allora le generazioni si permettevano al massimo qualche piccola trasgressione, oggi fra adulti e adolescenti ci sono una quantità di cose non dette, di segreti rivelati solo dalle chat, di disagi camuffati da strafottenza. Come mai? Certo ci sono state mutazioni rivoluzionarie e anche utilissime: dal ‘68 al femminismo alla rivoluzione sessuale fino a quella digitale. Attenzione però: è sbagliato generalizzare. I ragazzi di oggi non sono tutti uguali e celano vissuti individuali diversissimi: che possono derivare anche dal modo in cui usano gli strumenti. Li governano tecnicamente molto meglio di noi, ma possono assuefarsi alla violenza, alla xenofobia, all’antisemitismo di certi siti, o a battute atroci sulla disabiltà di un compagno o sulla scarsa avvenenza della «cozza» che incrociano per la strada.