Bruno e la svastica tatuata accanto alla dedica d’amore per la sua Veronica
Bruno Basso che su Facebook pubblica le foto di Mussolini o i selfie in cui indossa la maglietta delle «SS» tedesche. Sotto la T-shirt, all’altezza dei pettorali, una grossa svastica tatuata accanto alla scritta: «Veronica ti amo».
Lui, testa rasata e sguardo fiero, 42 anni, vicentino, è uno dei diciannove indagati dalla Dda di Caltanissetta che ipotizza «l’esistenza di una vasta galassia di soggetti tutti collegati a movimenti inneggianti al nazismo e al fascismo». Con Basso è finita nei guai anche la destinataria di quel tatoo «romantico»: sua moglie, Veronica Giunta. Due estremisti di Destra, per la procura siciliana.
Nonostante in gioventù abbia militato nel Veneto Fronte Skinhead, finora il quarantenne era conosciuto solo come un piccolo criminale con precedenti che vanno dalla resistenza a pubblico ufficiale ai furti. Come quella volta che pensò bene di rubare un autobus di linea: l’autista era sceso a bere un caffè e lui se n’era impadronito. «Volevo solo farci un giro», si giustificò con il suo avvocato, Claudio Castegnaro. Più gravi le accuse di maltrattamenti e lesioni personali ai danni proprio della moglie, che gli sono costati un processo e un ordine di allontanamento. Ma poi lei l’aveva perdonato, il divieto di avvicinarla era stato revocato e la coppia era tornata a vivere assieme.
La Digos di Vicenza ha impiegato un po’, per rintracciarli. L’estate scorsa, infatti, Bruno Basso e Veronica Giunta si erano trasferiti a Roccalumera, in Sicilia, per stare accanto alla famiglia di lei. Da circa un mese, però, erano tornati nella città del Palladio, ospiti di un amico pregiudicato.
Senza un lavoro fisso, senza grossi risparmi, non è chiaro come tirassero avanti. Si sa solo che, quando la Digos di Vicenza ha individuato l’abitazione in cui alloggiavano, è scattata la perquisizione che ha portato al sequestro di telefoni cellulari e computer. Nessuna traccia del materiale di propaganda nazista trovato nelle case degli altri indagati. Anche se, almeno per quanto riguarda Basso, a inquadrarlo probabilmente basta quella svastica tatuata sul petto. «Mi accusano di essere un razzista xenofobo», ha detto parlando al telefono con il suo difensore. Il tono incredulo di chi ripete di non aver mai voluto far parte di un’organizzazione eversiva.
«Sono convinto che sapranno dimostrare la loro estraneità alle accuse» spiega l’avvocato Claudio Castegnaro. «Se anche Franco Basso e Veronica Giunta fossero stati in contatto con i vertici di questo fantomatico Partito nazista italiano, sono certo avrebbero avuto un ruolo assolutamente marginale».