Baccini: «Basta dischi, adesso punto al cinema»
Oggi pomeriggio il live del cantautore genovese a Dogana Veneta, Lazise L’appuntamento fa parte della rassegna «Canzoni d’autore» di Azzurra Music
«Ho iniziato a cantare per spirito di contraddizione». Sono passati oltre trent’anni da allora ma Francesco Baccini è rimasto un «idealista e provocatore», come si definisce lui stesso, con 14 album alle spalle, uno spettacolo teatrale, una miriade di premi e novità cinematografiche in arrivo. Il cantautore genovese sarà protagonista oggi alle 17.30 della rassegna «Canzoni d’autore», organizzata da Azzurra Music con il Comune di Lazise nella cornice di Dogana Veneta. «Non ho mai fatto un concerto a quest’ora, mi piace l’idea. Quando leggevo Tex Willer, alla fine, lo si vedeva allontanarsi di spalle nel tramonto: farò come Tex». L’ingresso è gratuito con offerta libera, a sostegno dell’associazione San Martino in Calle onlus.
Lo spirito di contraddizione può condizionare una vita?
«Nel mio caso sì. Da piccolo non pensavo a questa carriera: sono cresciuto ascoltando Beethoven e Chopin. Ai miei tempi c’era “Canzonissima” e mi faceva orrore, ma quando mia madre mi ha detto “non vorrai mica fare il cantante?” ho deciso di provarci. Con il calcio è lo stesso: mio padre era del Genoa e io tifavo Sampdoria. Solo quando è mancato, mi sono avvicinato al Genoa, per cui ho scritto addirittura l’inno».
Sono passati più di trent’anni dal tuo primo album, «Cartoons».
«Non mi guardo mai indietro, ma quest’anno ho dovuto farlo per tirare le fila. Ho notato che la nuova generazione non conosce la musica: l’arte è trasporre la realtà in fantasia e avere qualcosa da dire, nella trap, ad esempio, sembrano tutti contro. Ma contro cosa? Sono tutti conformati e griffati. Sono inorridito anche quando Achille Lauro ha cantato Lontano lontano al Premio Tenco. Sdoganando il karaoke, Fiorello ha distrutto un Paese: andrebbe denunciato». Un bilancio personale? «Credo che non farò più al
bum. Al massimo qualche singolo. Perché dopo 14 dischi, l’idea di rimettermi sotto mi attrae come l’ipotesi di trovarmi di fronte Mike Tyson arrabbiato. In passato, ho fatto teatro (Orco Loco di Andrea G. Pinketts, 2004, ndr), una palestra incredibile: per due ore e mezza stavo sul palco a recitare, cantare e ballare. Passato quello, i concerti erano una passeggiata».
E il cinema?
«Mi sto allontanando dalla discografia, ora m’interessa di più il cinema. Ho recitato nel film Credo in un solo padre di Luca Guardabascio, per cui ho scritto la colonna sonora. Una regista francese sta girando un docufilm su di me e ho scritto un film di cui sto parlando proprio in questi giorni a vari produttori».
A proposito di persone che la conoscono, Fabrizio De André e Enzo Jannacci sono stati suoi grandi amici.
«Quante volte capita nella vita di diventare amico di un tuo mito? A me è successo due volte. Passavo le nottate a casa di Fabrizio a suonare: lui ogni tanto si sbagliava e mi chiamava “Luigi” per la mia somiglianza con Tenco. L’ho aiutato a scrivere Ottocento e lui, in cambio, ha duettato con me in Genova blues. Jannacci mi diceva “Tu sei uno di noi, sei nato nell’epoca sbagliata”. Era un genio, poteva dire tutto quello che voleva come: “Nella vita si può fare tutto, anche i Pooh”. Mi viene ancora da ridere».