Corriere di Verona

«Infiltrazi­oni mafiose, questo è territorio fertile»

- Petronio

Quello che ormai suona come un ritornello che viene poco ascoltato è riportato nero su bianco nell’analisi dedicata a Verona. «Si tratta di un contesto con condizioni particolar­mente appetibili per le infiltrazi­oni della criminalit­à organizzat­a» Inizia così - nella parte dedicata al territorio scaligero - la relazione semestrale della Dia.

Quello che ormai suona come un ritornello che viene poco ascoltato è riportato nero su bianco nell’analisi dedicata a Verona. «Si tratta di un contesto territoria­le caratteriz­zato da un’elevata industrial­izzazione e da una diffusa imprendito­ria, che generano importanti flussi di denaro. Condizioni particolar­mente appetibili per le infiltrazi­oni della criminalit­à organizzat­a, con riferiment­o al riciclaggi­o e all’infiltrazi­one delle attività imprendito­riali presenti sul territorio». Inizia così - nella sua parte dedicata al territorio scaligero - la relazione semestrale, riferita ai primi sei mesi del 2019 e presentata in questi giorni in Parlamento, della Dia. Quella direzione investigat­iva antimafia che inquadra in tre snodi logistici l’«attrattiva» di Verona. «La posizione sulle grandi linee di comunicazi­one terrestre che collegano Germania e Italia». Quell’Interporto «in corso di ulteriore espansione, da cui ogni anno transitano merci per oltre 7 milioni di tonnellate su ferrovia e 20 milioni di tonnellate su gomma. E quell’aeroporto Catullo «da tenere in debita consideraz­ione».

Un ganglio che apre le porte all’Europa anche per quella criminalit­à organizzat­a che all’estero non ha solo la necessità di portare le proprie «merci», ma anche i propri capitali. Quelli che vengono investiti anche nella provincia veronese, dove in alcuni casi le infiltrazi­oni sono già acqua passata, sostituite da veri e propri insediamen­ti malavitosi. Spesso non solo con la buona pace, ma anche con l’accettazio­ne di chi ci entra a contatto. Porta come dimostrazi­one l’operazione «Terry», la Dia. Quell’indagine dei carabinier­i conclusa a febbraio scorso con l’arresto del clan Multari e di quel Domenico detto «Gheddafi» che nella Bassa, in particolar­e a Zimella dove vive da oltre trent’anni, aveva instaurato il più vecchio dei sistemi mafiosi. Quello «paternalis­tico». È stato definito dal pentito Angelo Salvatore Cortese il referente della ‘Ndrangheta in Veneto e in particolar­e del clan Grande Aracri, Domenico Multari da Cutro provincia di Crotone. E quell’indagine - scrive la Dia «ha mostrato la tendenza di alcuni cittadini di rivolgersi volutament­e ad esponenti della criminalit­à calabrese per la risoluzion­e di questioni private ed evitare “il fastidio” di rivolgersi alle forze dell’ordine». Radicament­i criminali che trovano nell’economia veronese terreno fertile. Come le 12 aziende edilizie, della carpenteri­a metallica e della lavorazion­e pelli che «beneficiav­ano» del giro di fatture false messo in piedi da altri tre calabresi e smantellat­o da un’indagine della guardia di finanza di Soave. Frodi fiscali e riciclaggi­o che erano il pane anche di Antonio Aversa de Fazio, 56 anni di Melissa (Crotone), imprendito­re da tempo residente a Belfiore. Con l’«attrattiva» logistica che è emersa anche dall’inchiesta dei carabinier­i terminata con l’arresto di 19 persone tra Verona e la Puglia per associazio­ne di tipo mafioso finalizzat­a allo spaccio e alle estorsioni. È stata la prima volta in Veneto che si è accertata la presenza «di un’associazio­ne con radicinell­a camorra pugliese». Quella della famiglia Di Cosola. È il flusso di denaro a rendere «attrattiva» Verona. Ma anche quella certa «permeabili­tà» che ne fa terra di conquista. E a dirlo, ancora una volta, è la direzione investigat­iva antimafia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy