Test antidroga a scuola, presidi scettici
La Rete studenti: «Metodo della paura», l’assessore regionale Donazzan plaude
C’è chi ha avanzato dubbi, chi si è detto perplesso, chi, più radicalmente, ha minacciato addirittura di uscire dal progetto (previsto da una legge dello Stato) dei Cic, i Centri di informazione e consulenza che hanno l’obiettivo di prevenire il disagio giovanile a scuola e di fare prevenzione. A non tutti i presidi piace l’idea dei test antidroga a scuola. Anzi, nonostante il via libera dell’ufficio scolastico provinciale, sta prendendo forma una «fronda» contraria.
C’è chi ha avanzato dubbi, chi si è detto perplesso, chi, più radicalmente, ha minacciato addirittura di uscire dal progetto (previsto da una legge dello Stato) dei Cic, i Centri di informazione e consulenza che hanno l’obiettivo di prevenire il disagio giovanile a scuola e di fare prevenzione.
A non tutti i presidi piace l’idea dei test antidroga a scuola. Anzi, benché sull’iniziativa ci sia il via libera dell’ufficio scolastico provinciale, sta prendendo forma una vera e propria «fronda» contraria.
Già i dirigenti di importanti istituti superiori della città e della provincia, hanno fatto sapere che la proposta non è di loro gradimento.
I motivi? C’è chi lo ritiene un metodo non sufficientemente educativo, altri sostengono che non ci sono abbastanza assicurazioni sulla privacy. E chiedono incontri chiarificatori all’Usl. Intanto una bocciatura arriva da un’associazione studentesca, la Rete degli Studenti medi: «Il metodo della paura, usato già attraverso i cani antidroga nelle scuola — commenta la portavoce Camilla Velotta — non può essere attuato come prevenzione. Inoltre, non crediamo che un test possa definirsi davvero anonimo nel momento in cui per gli studenti minorenni autorizzazione e risultati saranno liberamente disponibili ai genitori, rendendo il test stesso solo un modo per i genitori per entrare a piede teso nella vita dei figli. Nessuno studente deciderebbe mai volontariamente di sottoporsi a un test che avrà come unica conseguenza renderlo un libro aperto per i propri genitori». Tuttavia, per chi sta lavorando al progetto, la parte «educativa» c’è, eccome.
«Il nuovo bando dei Centri di informazione e consulenza — afferma la psicologa Giuliana Guadagnini, da sempre impegnata nel mondo della scuola — prevede anche per la parte di sostegno psicologico diverse iniziative rivolte alla prevenzione sul fronte dell’abuso di sostanze. Sono state, del resto, le indagini effettuate negli scorsi anni a far emergere come il consumo di droga sia molto diffuso tra i ragazzi che frequentano le scuole superiori».
Insomma, per i proponenti nessun metodo all’insegna del terrore, ma un modo concreto per far capire alle famiglie che il problema è «reale» e che può riguardare tutti.
La stessa Usl, del resto, ha garantito che i test non saranno «fini a se stessi» ma saranno messi al centro di un percorso su base volontaria. Un plauso arriva dall’assessore all’Istruzione Elena Donazzan, che già in passato aveva lanciato proposte simili. «Mi fa piacere che questa volta ad avanzarla siano medici ed esperti del mondo dell’educazione anziché i politici. Siamo davanti a un’emergenza: l’uso di stupefacenti è ben radicato tra le fasce più giovani e non di rado portano a conseguenze tragiche, penso ad alcuni incidenti stradali. Ai presidi indecisi dico che non è questo il momento di perdersi in distinguo: serve una risposta unanime e coerente per essere efficaci». A presentare il progetto, venerdì mattina, davanti a tutti i dirigenti scolastici della provincia, era stato Giovanni Serpelloni, a capo dell’unità contro le dipendenze dell’Usl. L’azienda sanitaria si è detta pronta a partire da «subito».
Le regole Gli esami per gli studenti sono anonimi e volontari