Corriere di Verona

IL SEGRETO PER POTER COMPETERE

- Di Gigi Copiello

Le parole, di tempo in tempo, rivelano cose nuove e diverse. Se diciamo competere, la parola oggi richiama competenze. Una volta si sarebbe parlato di soldi e di macchine. Oggi, i capitali sono liquidi, le macchine sono automatich­e e con i robot vanno in ogni parte del mondo, cosicché la differenza è decisa dalle competenze di chi sta nell’azienda e nel Paese. Vince il Paese che attrae giovani competenti, perde chi li perde. Ma la parola competenze comincia per com. E qui sta un fatto inaudito. Ford fu brutale quando disse ai suoi operai: «Non ci servono le vostre teste, bastano le vostre mani». E fu la manifattur­a. Da una parte le competenze tecniche degli operai: «la mano» del tessitore; la mano del meccanico, che a volte ci rimaneva sotto. Ma le mani dovevano fare anche i pezzi sbagliati: era stabilito dall’ufficio tecnico. Ma quelle mani dovevano fare e disfare: era previsto dall’ufficio produzione. E quelle mani non avevano voce: l’unica voce era del capo. E solo lui poteva vedere e risolvere problemi. Oggi le competenze di problem solving, di relazione, di flessibili­tà e visione d’insieme: tutto questo è richiesto poco o tanto a tutti. Anche a coloro che ne erano esclusi, anzi: impediti. Sta avvenendo nell’industria moderna che il lavoro diviso si vada riunendo. Che le com-petenze tecniche e trasversal­i si vadano ricomponen­do. Tutto questo pone una questione giovanile. Si dice che i giovani non sanno. Eppure sappiamo tutto sulle loro competenze tecniche descritte da diplomi e lauree.

Ma nulla di loro sappiamo su ciò che conta sempre di più e nessuno ha insegnato: come lavorare. E finiscono per fare stages e lavori a termine, per capire e farsi capire. Ricordo un dirigente d’azienda, pur esso laureato in ingegneria a Vicenza, che si rivolse così ai neo laureati: «Se venite da me, non portate il libretto universita­rio. So già che siete bravi. Ma devo evitare di assumere il genio della meccatroni­ca che si chiude in ufficio e dio solo sa cosa pensa e fa. O l’ingegnere che sa tutto lui e non sta a sentire quel che vuole il cliente».

E ancora. I distretti si sono fatti larghi e quelle competenze che si riunivano al bar a fine lavoro e che si passavano un’informazio­ne o si facevano scappare un’idea, non ci sono più. La cooperazio­ne delle competenze distrettua­li è sparita. C’è invece la grande impresa e la catena del valore si allarga in tutto il mondo. La grande impresa: ci sa fare sulle competenze: con le sue Academy aggiorna in continuo quelle tecniche ed è una palestra sempre aperta per quelle trasversal­i. E, come fa una grande azienda un po’ italiana, fa tutto questo on line e open: quando vuoi e per tutti. Noi siamo qui, dove il servizio pubblico è fermo ancora ad operaiimpi­egati. Dove le imprese conoscono a spanne quelli che hanno e vanno ad indovinare sui curriculum di chi arriva. Dove i contratti, nazionali ed aziendali, sono fermi alle competenze del secolo scorso. Si può competere se non si coopera sulle competenze? Occorre ricomporre il territorio, perché sia la nave scuola di tutti i saperi, prima e durante il lavoro. Si compete sul prodotto, ma si coopera sulle competenze. Tutti, lavoratori e imprese, devono saper competere con le competenze. Oggi gli strumenti non mancano, e sono pure accessibil­i a tutti. Dipende solo da noi.

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