Arresto ingiusto, risarcito dallo Stato
Caso Agec, l’imprenditore Klapfer riceverà 65mila euro. «Ho vissuto un inferno»
«Quando si sono presentati con un mandato d’arresto, sono caduto dalle nuvole. Io in carcere per corruzione? Impossibile, da non credere. Il mio incubo è iniziato così...». E adesso, a poco più di sette anni da quell’«incubo ingiustamente patìto», lo Stato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Venezia a risarcirlo con 65 mila euro. Lui è Martin Klapfer, l’imprenditore sudtirolese che venne prima arrestato e poi assolto a chiusura del processo Agec.
«Quando si sono presentati a casa mia con un mandato d’arresto, alle 7.30 in punto di quel maledetto 24 ottobre 2013, sono caduto dalle nuvole. Io in carcere per corruzione? Impossibile, da non credere. Ecco, il mio incubo è iniziato così...».
E adesso, a poco più di sette anni da quell’«incubo ingiustamente patìto», lo Stato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Venezia a risarcirlo con 65 mila euro. Lui, che ora ha 64 anni, è Martin Klapfer, l’imprenditore sudtirolese che venne prima arrestato e poi, il 22 dicembre 2014, assolto con formula piena dal Tribunale collegiale di Verona a chiusura del processo Agec di primo grado. L’1 marzo 2018, la sentenza è stata confermata anche dalla Prima sezione penale della Corte d’Appello di Venezia mentre l’ultima parola, sempre a favore di Klapfer, l’ha pronunciata la Cassazione il 28 settembre 2018. Un «inferno» cominciato quand’era amministratore delegato della Seeste Bau, la maggiore impresa immobiliare in Alto Adige, e di altre 5-6 aziende collegate: Klapfer fu travolto dall’accusa di aver corrotto l’ex dg Agec Sandro Tartaglia per aggiudicarsi il bando su Fondo Frugose. «Nulla di più falso, non ho mai corrotto anima viva. I magistrati infatti mi hanno assolto in tutti e tre i gradi di giudizio, nel frattempo però ho dovuto dimettermi da ogni carica in ambito lavorativo, la mia reputazione è stata compromessa, per non parlare della perdita della libertà. Sono una vittima «Fine dell’incubo» Martin Klapfer e il suo legale Fabrizio Francia della malagiustizia, nessuno potrà mai restituirmi tutto ciò che quest’assurda vicenda mi ha tolto». Un «inferno», quello denunciato dall’impresario altoatesino, che il suo avvocato Fabrizio Francia ha tradotto in un ricorso contro lo Stato«per l’ingiusta detenzione sofferta». Un contenzioso nel corso del quale, davanti alla seconda sezione penale della Corte d’Appello di Venezia (presidente Antonio Liguori, a latere Vincenzo Sgubbi e Nicoletta Stefanutti), il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito «chiedendo - si legge nella sentenza appena pronunciata - il rigetto dell’istanza per infondatezza della pretesa del ricorrente».Di tutt’altro avviso i giudici dell’Appello che, a fronte di una richiesta risarcitoria da parte di Klapfer pari a 100 mila euro, gliene hanno liquidati 65 mila decidendo di innalzare la misura dell’indennizzo rispetto ai criteri ordinari di valutazione, riconoscendo i danni (materiali e di immagine) provocati all’imprenditore dal periodo di detenzione. E questo perché, oltre alla «decadenza, a seguito dell’intervenuta carcerazione, dalla carica di presidente del Cda di Seeste Bau Veneto srl, incarico per cui gli spettavano 156 mila euro annui», sopraggiunse anche «l’inevitabile disdoro pubblico riservato - è spiegato nelle motivazioni - al ricorrente, noto imprenditore, incensurato, nonché alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’essere accusato di un reato corruttivo, ma anche alle ulteriori conseguenze sul piano personale e familiare, se non altro per non aver potuto prendere parte al matrimonio della figlia, perché pochi giorni prima era stata eseguita l’ordinanza di carcerazione». Tutto ciò, riconoscono gli stessi magistrati, «ingiustamente».
L’indennizzo
La Corte d’Appello di Venezia gli riconosce danni materiali e morali per 65 mila euro