È psicosi, a Venezia crollo dei turisti Al Marco Polo chiesti i vetri divisori
Coronavirus, l’allarme arriva dagli albergatori. La diffusione del virus ha infatti provocato un crollo consistente degli arrivi, soprattutto a Venezia dove in periodo di Carnevale di solito la tendenza è l’esatto opposto. «Nel primo fine settimana il tasso di occupazione è intorno al 70% — commenta il presidente dell’Associazione Veneziana Albergatori, Vittorio Bonacini — ancora troppo basso, così come è basso il prezzo delle camere: si può trovare una stanza nei giorni di punta del Carnevale anche a 50 euro». Tendenza che si riflette nel resto della regione, benché il problema non siano le presenze dei turisti cinesi quanto l’effetto psicosi.
«Se anche non ci fossero più cinesi in Veneto, che nel 2018 erano 1 milione e 27mila su 74 milioni totali di turisti, avremmo certo una flessione, ma non è questo il punto — spiega Marco Michielli, presidente regionale di Confturismo e Federalberghi — ci preoccupa l’effetto catena. Ovvero che dimuniscano gli arrivi dagli Usa, il secondo Paese per provenienza, così come dalla Germania e dalla Francia». Fenomeno che a Venezia, dove nel 2017 il turismo cinese ha rappresentato appena il 3,1% del totale, si percepisce già, secondo Claudio Scarpa, direttore dell’Associazione veneziana albergatori: «Registriamo un calo di prenotazioni ascrivibile alla paura di viaggiare». Stando ai dati 2018 della Regione, è proprio Venezia a contare il maggior numero di presenze (506.706 cinesi). L’attenzione per l’allarme Coronavirus è quindi particolarmente alta e l’Usl 3 Serenissima ha messo in moto una macchina di prevenzione e controllo, come spiega il direttore del Dipartimento di Prevenzione Luca Sbrogiò: «Le misure adottate sono quelle che il ministero della
Salute trasmette alla Regione, a sua volta pronta a comunicarle alle aziende sanitarie».
L’Usl veneziana, come tutte le altre del Veneto, ha attivato il «Gruppo operativo di risposta rapida», composto da medici e assistenti sanitari pronti ad intervenire in caso di sospetto contagio. È stato anche attivato un «Comitato di emergenza sanità pubblica», di cui fanno parte alcuni dirigenti dell’azienda sanitaria e che coordina le attività di prevenzione, attuando le indicazioni del ministero. In particolare, ha predisposto la filiera sanitaria che parte dall’aeroporto Marco Polo di Tessera e segue il paziente fino agli ospedali, dotati di procedure operative interne.
Un eventuale caso che arrivasse in ospedale sarebbe ricoverato nel reparto di Malattie infettive, in stanze dedicate. «Nell’Usl 3 non è emerso nessun caso sospetto — ricordano il dottor Sbrogiò e il dottor Vittorio Selle, a capo del Servizio d’Igiene, ripercorrendo i parametri che definiscono un paziente «caso sospetto»: una persona che arriva o rientra da aree interessate dall’epidemia (Cina) e che presenti sintomi quali febbre, dispnea e sindrome respiratoria acuta che non si riescano a ricondurre ad altre patologie. «L’azienda sanitaria ha acquistato i test (i tamponi) per il Coronavirus — aggiungono i due medici — nei Pronto soccorso ci sono cartelli informativi e mascherine».
Mascherine consigliate per chi arriva all’ospedale o in ambulatorio febbricitante, al rientro da un’area interessata dall’epidemia. «Per chi va all’estero è consigliata la vaccinazione anti-influenzale, perché se dovesse contrarre tale patologia, potrebbe essere più esposto al contagio», avverte il dottor Selle, aggiungendo: «Se si verificasse un caso di contagio partirebbe un’indagine epidemiologica per capire con chi è entrato in contatto il paziente e quanto lunga è stata l’esposizione, al fine di stabilire se metterlo sotto sorveglianza 14 giorni, tempo di incubazione dell’infezione». Nonostante la macchina di prevenzione, la paura però cresce, soprattutto tra chi lavora in aeroporto. «Chi è in servizio al Marco Polo ha paura — conferma Giampietro Antonini del sindacato Cub Veneto — abbiamo chiesto vetri divisori tra passeggeri e addetti e postazioni, in tutto lo scalo, per lavarsi le mani. Ma Save ed Enac non ci hanno risposto. Se non verremo convocati per un confronto, valuteremo lo sciopero».