Brexit, i primi conti Vino e macchinari hanno fatto il pieno, occhiali in affanno
Le imprese: muovi costi fiscali e burocratici
Con la Brexit bisognerà fare i conti ma con patemi d’animo, per il mondo economico veneto, tutto sommato contenuti. Gli operatori dei diversi settori contano infatti sull’efficacia delle misure prudenziali già assunte negli ultimi mesi e sull’effetto ammortizzatore che il periodo di adattamento da oggi al 31 dicembre - quando le decisioni di Londra saranno perfezionate e definitive - concederà alle nostre aziende.
Quello del Regno Unito oggi è il mercato al quale è indirizzato poco meno del 6% delle esportazioni regionali (il quarto, alle spalle di Germania, Francia e Usa) e la prima voce, su un totale di 3,7 miliardi (il 15,3% sul totale Italia), è data dalle macchine utensili, che valgono quasi 570 milioni. A seguire c’è il comparto dei vini, che arriva a 500 milioni, ed entrambi sono stati accomunati, nella seconda metà del 2019, da una forte accelerazione delle vendite oltremanica. I clienti britannici, cioè, hanno cercato di chiudere i contratti prima dell’entrata in vigore delle temute barriere doganali. Si tratta di un comportamento osservato in molti altri settori merceologici, che genera una curva dell’export «drogata».
Non per tutti, comunque, è così. Nell’occhialeria, ad esempio, i primi nove mesi del 2019 hanno fatto rilevare una contrazione dell’8,4% delle esportazioni. Su questo calo, dato il contestuale incremento rilevato invece sugli altri mercati, per la presidente di Anfao, Lara Franzoia, pesano senz’altro le incertezze della Brexit. «È evidente – ha detto, in occasione di un incontro di studio che si è svolto ieri a Belluno - che dobbiamo stare attenti a tutti gli aspetti, anche burocratici, che andranno a porsi una volta compiuta la Brexit. Nessun allarme, ma l’attenzione deve rimanere altissima. Di fronte a scenari così complessi, come imprenditori non possiamo fare altro che usare l’arma della conoscenza».
Rimanendo nell’industria, l’osservazione di Remo Pedon, vicepresidente con delega ai mercati esteri di Confindustria Vicenza, mette in luce la relativa serenità con cui gli associati sono giunti al 31 gennaio, «grazie anche al percorso preparatorio messo in campo in questi anni, compreso l’incontro del 2018 con l’ambasciatrice britannica proprio qui nella nostra sede. Tanto è vero che, nei primi 9 mesi del 2019, il nostro export verso il Regno Unito è cresciuto del 4,55% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ci attendiamo delle ricadute, ma sono fiducioso che, come accade per altri partner extra Ue, in primis gli Usa - conclude Pedon - il nostro export continuerà a mietere nuovi record».
Meno rilassato appare Agostino Bonomo, presidente della Confartigianato del Veneto: «Dobbiamo preparaci a un costo fiscale ed economico a carico delle nostre imprese dovuto a logistica, certificazioni, gestione delle merci, imposte dirette e indirette. È vero che ci sarà tempo fino alla fine dell’anno – prosegue - ma quello che già preoccupa le nostre imprese è la rinuncia al mercato unico e all’unione doganale. A oggi, la principale incertezza è legata all’andamento dei negoziati, dai quali non si può escludere che rispuntino i dazi sui prodotti scambiati tra Ue e Regno Unito. Il settore più a rischio potrebbe essere quello alimentare, dove le complicazioni dei costi si sommano a quelle sulle tempistiche di sdoganamento della merce, che potrebbero scontrarsi con la data di scadenza di molti prodotti, specialmente di pasticceria artigianale».
«Nessun allarme ma l’attenzione deve rimanere altissima, lo scenario è complesso»