PADOVA CAPITALE EUROPEA 2020 DEL VOLONTARIATO
Dodici mesi di iniziative, incontri, convegni e rassegne. Alecci: «La nostra terra ha una lunga storia di solidarietà». Piva: «È sempre più necessario fare rete» LA PRIMA VOLTA DI UNA CITTÀ ITALIANA
Il titolo Finora nessun Comune in Italia aveva ottenuto questo importante riconoscimento
L’investitura è avvenuta il 5 dicembre 2018 ad Aarhus, la città danese che quell’anno deteneva il titolo. Ma il percorso che ha portato Padova a diventare Capitale Europea del Volontariato 2020 era cominciato un paio di anni prima: «Ci siamo accorti che il nostro mondo era in fermento, e ci siamo chiesti come fare per promuoverlo dice Emanuele Alecci, presidente del Centro Servizio Volontariato (Csv) di Padova Prima abbiamo lanciato il festival Solidaria, poi abbiamo deciso di fare il salto di qualità e di candidarci come Capitale: un titolo che finora era andato quasi sempre a grandi città come Londra e Barcellona, e che ci ha già permesso di sdoganare il tema del volontariato al di fuori dei nostri circuiti».
Padova è la prima città italiana a diventare Capitale: «Sarà una vetrina importante non solo per il nostro territorio, ma per tutto il Paese - assicura Alecci - Non è che il nostro volontariato sia più bello, è che abbiamo la fortuna di avere molte condizioni favorevoli: la nostra terra ha una storia di solidarietà organizzata che è cresciuta anche grazie alla presenza di tanti maestri e di tante realtà importanti». Dal mondo cattolico a quello laico, il pensiero corre alle figure di don Giovanni Nervo, che fondò la Caritas nel 1971, don Giuseppe Benvegnù-Pasini, che della Caritas fu direttore dal 1986 al 1996, Antonio Papisca, docente dell’Università di Padova che fondò il primo Centro di Ateneo per i diritti umani del mondo e Tom Benetollo, presidente dell’Arci dal 1995 al 2004.
Oggi, dietro al successo padovano, c’è il sostegno di diversi attori: «Fondazione Cariparo - dice Alecci - garantisce le risorse ed entra anche nel merito dei progetti, il Comune coinvolge le associazioni e ha sostenuto la nostra candidatura con convinzione. Può sembrare strano, ma il volontariato è più forte, numeroso e innovativo dove le istituzioni sono più presenti, perché così non deve sostituirle ma concentrarsi solo sulle iniziative che lo Stato non riesce a sostenere. In queste condizioni il volontariato cresce, evolve e torna a fare il suo mestiere».
Il rapporto 2019 del Csv dice che Padova ospita qualcosa come 6.466 associazioni di volontariato (92 in più rispetto al 2018), per un totale di 0,7 associazioni ogni 100 abitanti (contro lo 0,6 dell’anno prima). La realtà più longeva è l’Arciconfraternita di Sant’Antonio, fondata addirittura nel 1334; oggi la vocazione alla solidarietà continua con tanti altri esempi, dall’Opera Provvidenza di Sant’Antonio a Cuamm-Medici con l’Africa. Dal report 2019 inoltre emerge un volontariato attivo soprattutto sul fronte di sport, cultura e ambiente, rivolto quasi sempre a tutta la cittadinanza: «Se Padova ha potuto candidarsi a sito Unesco come Urbs Picta, il merito va anche ai tanti gruppi di volontari che tengono aperti i monumenti, come Salvalarte di Legambiente - commenta Alecci - Ma la città è piena di piccole cose nascoste che costruiscono comunità, come i gruppi Anteas e Auser che aiutano le persone in difficoltà».
Cristina Piva, assessore del Comune al Volontariato, cita la recente mostra di street art allestita alle Cucine economiche popolari e il biglietto «sospeso» del cinema Esperia: «Due esempi di come la cura dei bisogni primari può andare di pari passo con altre necessità, come quella di entrare a contatto con l’arte e la bellezza. Il volontariato inoltre può nascere dall’unione tra profit e non profit e sottoforma di welfare aziendale, come nel caso dei dipendenti che donano le loro ore di lavoro ai colleghi con problemi famigliari».
Piva assicura che l’anno da Capitale «non sarà una celebrazione, ma una presa di coscienza generale». A partire dal dialogo con le nuove generazioni: «I giovani sono molto attenti all’ambiente, si muovono spontaneamente e sono più fedeli all’ideale che al gruppo, nel senso che seguono il tema e non la sigla; le associazioni devono fare rete e superare il concetto del tesseramento, perché quello di oggi è un volontariato più fluido. E poi - conclude Piva - bisogna riconoscere il ruolo positivo della tecnologia: nei giorni dell’ultima acqua alta, ad esempio, migliaia di ragazzi hanno dato una mano a pulire Venezia grazie all’appello lanciato su Telegram da Venice Calls».