IL PORTO, TRA MERCATI E TURISMO
Preoccupazione per macchine industriali, occhialeria e concia
Ci volevano due sberle come quelle della mareggiata del 12 novembre scorso e quella della cancellazione della linea marittima diretta con l’estremo oriente perché «Houston» si accorgesse di «avere un problema» nel prevedibile futuro del porto di Venezia. «Houston-Roma», che a Venezia si gioca, più che a Genova e Trieste, il futuro competitivo della portualità italiana; «Houston-Nordest» che senza Venezia vede a rischio la connessione vincente ai mercati mondiali della sua economia: e «HoustonVenezia» che nel futuro positivo del porto può trovare la più solida alternativa virtuosa alla monocoltura turistica.
Problemi che governi e amministrazioni potrebbero ancora trasformare in occasioni, se le sberle venissero capite – Unioncamere e Camera di Commercio e Autorità portuale veneziane hanno mostrato le loro guance arrossate in un convegno di qualche giorno fa - e non solo subite. La disastrosa acqua granda del 12 novembre 2019 ha costretto a un cambio di passo verso la messa in funzione – parrebbe dal prossimo giugno 2020 - delle barriere mobili del Mose. Fatto salvifico che però aggiungerà un ulteriore insopportabile vincolo alla (in)accessibilità nautica del porto lagunare, certificata dalla rinuncia a toccare Venezia della linea oceanica diretta con la Cina e l’estremo oriente, quella che aveva portato Venezia nella serie A degli scali globali.
C’è chi chiede già al governo italiano di attivare i canali diplomatici con Pechino per ottenere esenzioni fiscali. Perché in Italia sono 183 le aziende con stabilimenti nella Cina in quarantena a causa del Coronavirus e di queste, qualche decina sono venete. Quante precisamente? Unioncamere Veneto fa sapere che ci sta lavorando perché le sollecitazioni non mancano. Soprattutto per i tre settori dell’imprenditoria veneta maggiormente coinvolti, nell’ordine, macchine per l’industria, occhialeria e concia. Non è certo un caso che le Confindustrie venete si stiano attrezzando per offrire ai loro associati quante più informazioni possibili. Un esempio per tutti è l’incontro convocato dagli industriali berici martedì prossimo intitolato: «Cina: novità legali e fiscali 2020».
I numeri che legano il Nordest
al colosso del Far East sono da capogiro e le preoccupazioni correlate all’emergenza sanitaria ormai globale sono altrettanto consistenti. «Gli uffici delle Camere di Commercio venete all’estere, quelli di Hong Kong, Shanghai e Pechino - spiega Mario Pozza, alla guida di Unioncamere Veneto - si stanno attivando per una ricognizione puntuale, ma già i dati che abbiamo a disposizione aiutano a inquadrare le dimensioni del problema. Riferiti al 2018 abbiamo i dati dell’export italiano verso la Cina e parliamo di 13,2 miliardi pari al 2,8% delle esportazioni. Le importazioni ammontano a 30,8 miliardi pari al 7% del totale. Una fetta consistente afferisce al Veneto che conta 1,7 miliardi di esportazioni pari al 2,7% del totale veneto. Numeri che diventano preoccupanti se li caliamo, com’è corretto fare, nei pochi settori che maggiormente risultano coinvolti. La produzione di macchinari per l’industria esporta per 557 milioni l’anno, un terzo del totale tanto per capirci. Segue l’occhialeria che, di fatto, significa quasi l’intera provincia di Belluno che esporta per 205 milioni pari al 12% del totale. Segue il settore della concia e delle “elaborazioni in pelle” che totalizza il 9% del totale e anche qui, parliamo di una parte importante dell’economia di una provincia, quella vicentina. Infine, sappiamo che il Veneto importa dalla Cina per 4 miliardi che corrispondono all’8% dell’import totale». Numeri alti che, per ora, corrispondono al danno potenziale, non a quello effettivo causato dal blocco degli scambi per motivi sanitari con la Cina. «Se si blocca sarà un’ecatombe - spiega Pozza - ma ora come ora è impossibile quantificare il danno subito dalla nostra regione». C’è un settore, però, che già soffre: il turismo. «Il primo contraccolpo ora è sul turismo, - conferma il presidente di Unioncamere -perché i turisti cinesi hanno un valore specifico alto. Basta pensare che su 1,4 miliardi di abitanti si contano 140 milioni di “ricchi”,
persone che scelgono spesso l’Italia e ancor più spesso il Veneto come meta. Ecco, questa è la grossa preoccupazione, penso a Venezia che per la Cina è un punto di riferimento. L’import-export è da tenere d’occhio ma è presto per fare un bilancio. Noi, per ora, abbiamo comunicato alle aziende venete di prestare molta attenzione ai comunicati ufficiali dei nostri enti governativi».
Per il governo risponde Pier Paolo Baretta, veneziano e sottosegretario al ministero dell’Economia e finanze: «Ci stiamo occupando dell’emergenza sanitaria ma poi affronteremo certamente anche quella economica. La priorità, va detto, è quella legata alla salute pubblica ed è su questo che il governo al momento sta concentrando le proprie energie. Le conseguenze economiche sono ancora tutte da valutare e potrebbero essere potenzialmente serie. La Cina è un partner economico importante per il nostro Paese. I rapporti diplomatici con Pechino sono buoni e sarà fondamentale mantenere un rapporto stretto con Confindustria».
Pozza
Il contraccolpo immediato è sul turismo la import e export sono da tenere sotto stretta osservazione