Dall’olio alle castagne, il biodistretto veronese che vale 55 milioni di euro
La grande sfida resta quella del vino, uno dei prodotti più difficili da realizzare in modo «biologico». Per il resto, c’è solo l’imbarazzo della scelta, tra olio, frutticultura (dai kiwi alle castagne), passando per il latte e i formaggi. Per essere un distretto agricolo, quello bio veronese, è davvero ampio: copre oltre metà dei comuni, 52 sui 98 della provincia, tutti concentrati nella parte nord, dal Garda alla Lessinia (Valpolicella inclusa). Aggiungiamoci la superficie a coltivazione: 7.500 ettari di cui il dieci per cento sono già biologici, per un fatturato complessivo di 55 milioni. Ecco i numeri di BioVerona, realtà inedita in provincia, ma che segue altri esperimenti già avviati in Veneto, come il biodistretto dell’altipiano di Asiago, quello dei Colli Euganei, in provincia di Padova e quello dell’area lagunare veneziana.
«L’obiettivo del distretto — spiega la presidente, Annalberta
Lonardoni Cottini — è quello di aiutare gli operatori e i soci (ad oggi 35, ndr) — con la formazione e, allo stesso tempo, promuovere anche le nostre filiere, dalla viticoltura all’olivicoltura, includendo la zootecnia».
Con l’obiettivo di coinvolgere un numero sempre maggiore di realtà. «Puntiamo a convincere e le aziende che ancora non hanno scelto il biologico — prosegue Lonardoni Cottini — in modo da accompagnare tutto il territorio verso un percorso di sostenibilità». Alla presentazione ufficiale dell’iniziativa nella sede del distretto (a Palazzo Malaspina - Nichesola di Caprino, accanto agli uffici dell’Unione Montana Baldo Garda) è arrivata anche la benedizione dell’assessore regionale all’agricoltura, Giuseppe
Pan. «Con il biologico — ha detto Pan — vengono promosse soprattutto le realtà più giovani, votate all’agricoltura sostenibile. Ricordo che in Veneto sono 75.500 le imprese agricole attive con 6,4 miliardi di prodotto lordo vendibile. Un indotto importante, che ci pone tra le regioni leader quale volano di sviluppo nazionale». Ma c’è anche l’aspetto del «turismo esperenziale», su cui sta puntando particolarmente l’area di Asiago. In altre parole, a chi trascorre un periodo in zona vengono proposti prodotti locali a filiera corta e biologici. Una formula che si potrebbe adattare bene al Garda. «Dobbiamo considerare — è la conclusione di Pan — che la nostra Regione, con i 70 milioni di presenze di turisti all’anno, deve puntare su un’agricoltura di eccellenza e qualità, in grado di garantire la genuinità dei prodotti finiti».