Apre la casa museo delle meraviglie
Ieri l’inaugurazione, esposta la collezione Carlon
Una fiamma aranciata rischiara il fondo nero di un inquieto paesaggio notturno, un ambiente onirico e immobile sormontato da un cielo diurno dalle nuvole galleggianti. Popolato da elementi dall’intricato miscuglio di significati, La fenêtre ouverte (1966) del «saboteur tranquille» René Magritte rimanda all’oltre, invitando lo spettatore ad entrare nel quadro e a guardare più lontano. Il capolavoro magrittiano è un cortocircuito visivo dove il tempo narrativo è sospeso. Lo sono pure Il ratto di Elena (1520-1530 ca.) di Zenone Veronese, in cui il pittore cinquecentesco veste i personaggi del mito in costumi rinascimentali; e l’installazione in vetro e acciaio di Arcangelo Sassolino Qualcosa è cambiato (2019), assemblage che vive del contrasto di forze e conflitti intrinseci. E lo è pure l’imponente scalone elicoidale autoportante, prodigio strutturale «tutto in aria» che attraversa, dalle cantine al tetto, il sontuoso immobile che da ieri accoglie le 350 opere della Collezione Carlon.
Inaugurata alla presenza del sindaco Federico Sboarina e dell’assessore alla Cultura Francesca Briani, è nata a Verona la casa-museo «Palazzo Maffei», frutto dell’attento restauro del più importante edificio seicentesco della città quinta suggestiva di Piazza delle Erbe - e dell’apertura al pubblico di una raccolta d’arte straordinaria. Un’iniziativa promossa da Luigi Carlon, Cavaliere del Lavoro, imprenditore e collezionista veronese, su progetto architettonico e allestitivo dello studio Baldessari e Baldessari e da un’idea museografica di Gabriella Belli, con contributi scientifici di Valerio Terraroli e Enrico Maria Guzzo. Arditi dialoghi e confronti tematici tra capolavori, nello scenografico palazzo barocco adornato al suo interno da stucchi e pitture murali, acquistato cinque anni fa da Carlon dall’Immobiliare delle Assicurazioni Generali. L’excursus si dipana nelle 18 stanze al piano nobile, oltre 1.000 metri quadri di ambienti dalle atmosfere familiari, che alternano pareti dai decori originali ad altre tinteggiate con colori caldi, arredi di gran pregio di varie epoche, ceramiche rinascimentali, avori, pezzi d’arte orientale, rari volumi. Un percorso che cavalca i secoli, dai fondi oro trecenteschi a capolavori Picasso, De Chirico, Mirò, Kandinsky, Magritte, Fontana, Burri e fino al contemporaneo. «Questo progetto – racconta Carlon - è il punto d’arrivo della mia avventura collezionistica lunga 50 anni. Ho iniziato con le opere metafisiche, in seguito mi sono appassionato all’antico, scegliendo in particolare autori del territorio scaligero. L’opera a cui sono più affezionato? La finestra di Magritte. L’ho comprata da un collezionista di Reggio Emilia, molti volevano quel quadro ed io per paura di perderlo sono partito di notte per essere il primo»».
Prologo di questa scaligera «Wunderkammer» l’opera site specific in neon di Maurizio Nannucci New horizons for other visions/New visons for other horizons che invita il pubblico a leggere l’arte secondo inusuali prospettive. Passeggiando per le sale, una splendida incisione inserita dentro un mobile rapisce lo sguardo, è il Baccanale con Sileno di Andrea Mantegna. Lo «scrigno» di Palazzo Maffei o «Mirabilia» è dedicato alla Mater amorevolissima. Tra due tavole dorate trequattrocentesche e antichi fogli miniati, ecco i tagli di Lucio Fontana su fondo rosso (di Fontana se ne contano una decina esposti), mentre un’altra stanza è abitata dalla monumentale Maternità (193233) di Arturo Martini. «Il fil rouge del percorso - spiega Belli - è stato dettato dalla volontà di rispettare lo spirito dell’eclettica raccolta di Carlon». Tra eroi e combattenti, santi, Veneri, ecco le lacerazioni della serie Combustioni (1957) di Alberto Burri e la
Cleopatra dolce e leziosa di Giambettino Cignaroli del 1770. Nella sala dedicata ai paesaggi veneti spicca la Veduta dell’Adige nei pressi di San Giorgio in Braida (1695) di Gaspar van Wittel, accostata a una potente Composizione di paesaggi (1950) di Sironi. Si susseguono le donne di Boldini, opere di Capogrossi, un cuore rosso di Cattelan, un’espressiva
Portinaia (1900 ca.) in cera su gesso di Medardo Rosso, le
Compenetrazioni iridescenti n. 1 (1912) di Giacomo Balla, e sfila davanti a noi tutto il futurismo. E ancora,
Il Canal Grande a Venezia (1907) dalle vibranti materiche pennellate di Boccioni, la Femme Lisant (1916) di Severini per approdare alla Femme assise (1953) di Picasso. Finale nel contemporaneo con Pistoletto e con la sorprendente Nuvola concettuale dell’argentino Leandro Erlich. A salutare il visitatore, la prima importante entrata nella collezione Carlon: Il Saluto dell’Amico Lontano (1916) di De Chirico.