Corriere di Verona

Quegli amori dei nostri nonni imperfetti ed eterni

- Giovanni Montanaro

Me lo immagino così, il loro amore doloroso, così tragico, finito d’un colpo. Me li immagino come quegli amori ambiti e difficili, inseparabi­li, quelli che mi sembrano perduti, lontani, quelli dei miei nonni, che non si mollavano per niente, anche perché la vita aveva meno alternativ­e, non si poteva mollarsi, non era giusto, castigo e gioia insieme. Amori così ci sono ancora. Amori così li sperano tutti, salvo poi averne paura, andarsene, distrugger­li. Amori cui quasi non si crede più. Amori fraintesi, talvolta irrisi. Amori semplici, senza furbizia. Amori fatti di fatica, costruiti pezzo per pezzo, pieni di crepe e che non crollano, solidi anche di tutte le loro ferite, che spesso neanche si sanno. Tradimenti, paure, che diventano piccoli, nel tempo, come macchie che si sciolgono in un liquido e non si vedono più. È il giorno di San Valentino, chissà se è scelto o senza importanza. A Rovigo, Tino e Renata si coricano a letto. L’hanno fatto insieme migliaia di volte, più di ventimila volte a fare i conti a spanne. Quel letto è stato tante cose nella loro vita, il centro della loro fragilità, della loro nudità; il letto dell’amore, il letto che si fa un figlio, il letto del riposo, delle risate, dei pensieri, il letto che certe volte non si dorme, e si sveglia anche l’altro. Il letto in cui urlano le malattie, i problemi, le angosce. Il letto in cui qualche volta basta una carezza, il modo di trovarsi durante il sonno, per sapere che non si è da soli, che in qualche modo ce la si fa sempre, insieme. È che ieri loro due si son coricati per morire. Hanno deciso che era arrivato il momento, che era quello. E chissà se ne avevano parlato, se han deciso all’improvviso, chissà come funzionano queste cose. Lasciano un messaggio per chiedere scusa, e basta. Un poco si vergognano, sanno forse che non si fa così, ma ogni tanto capita, sono forze più forti del poco che siamo noi esseri umani. Forse è per una malattia. Forse è perché si sentono un peso. Forse sempliceme­nte perché sentono il tempo, lo annusano, capita agli anziani, di sapere qualcosa che non possono dire. Non si sa, perché han deciso di andarsene così. Non c’è bisogno di spiegare, però, perché han deciso di andarsene insieme.

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