E per il broker chiesti 8 anni «Non è mafia»
La conferma della condanna a 8 anni, ma non per mafia. Ieri in Corte d’appello si è tenuta l’udienza contro Michele Brotini, il broker toscano accusato di aver aiutato il cognato di Felice Maniero, il dentista Riccardo Di Cicco, a riciclare 11 miliardi di vecchie lire in Svizzera: soldi che l’allora boss della mala del Brenta aveva affidato all’ex marito della sorella Noretta a metà anni Novanta. Il tribunale aveva però escluso l’aggravante di aver agevolato un’associazione mafiosa e la Dda di Venezia aveva fatto ricorso su questo aspetto: ma la stessa procura generale ieri si è detta contraria a questa ipotesi. Sentenza il 18 marzo. (a. zo.)
L’ho sentito al telefono solo a udienza finita» ha ribadito Maniero, precisando di non voler rilasciare altre dichiarazioni.
In realtà può ancora scegliere di essere processato con un rito alternativo, soprattutto alla luce delle nuove accuse mosse nei suoi confronti dal sostituto procuratore Lorena Ghibaudo:
Felice Maniero e la compagna in una foto scattata molti anni fa a Venezia perfino dal carcere, Felicetto non avrebbe smesso di minacciare la ex, che da luglio si trova in una struttura protetta.
In particolare, «tramite i due figli con i quali aveva colloqui», consegnando loro alcuni pizzini, l’ex boss avrebbe «protratto vessazioni nei confronti della ex convivente, intimandole di
Ieri l’ex boss Felice Maniero, collegato dal carcere con il tribunale di Brescia per l’inizio del processo per maltrattamenti, ha ascoltato le nuove accuse che il pm Lorena Ghibaudo gli rivolge: attraverso il figlio, avrebbe minacciato la sorella della compagna affinché ritrattasse le accuse. Contestato anche il reato di minacce nei confronti della figlia che non voleva più andare a fargli visita in carcere ritrattare le dichiarazioni rese» e di farlo «per iscritto, cioè con l’invio di una missiva (una raccomandata veloce con ricevuta di ritorno) agli indirizzi da lui indicati - procura, giudice, questura per esempio - continuando così a costringere la persona offesa a vivere in un costante stato di soggezione e paura, anche per l’incolumità psico-fisica dei suoi congiunti, a loro volta destinatari di minacce».
Quel biglietto non esiste più. Ma di violenza privata Maniero è accusato anche verso la figlia 19enne, la stessa per la quale ha pianto dopo l’arresto, la sua «ragione di vita» e alla quale ha scritto parole come «tu studia e vai avanti, io torno presto». Per il pm nel corso delle telefonate, a dicembre, la minacciava dicendole che, se non avesse ripreso i colloqui in carcere «faccio finire anche te sulla cronaca dei giornali», costringendola a riprendere le visite «nonostante lei avesse manifestato la volontà di non andarci più o comunque di limitare gli incontri». Avrebbe provato a convincere anche il figlio maggiore a far cambiare idea alla ex, minacciando pure lui: «Se non lo fai ti faccio sequestrare il tuo appartamento». E sempre a lui avrebbe ordinato di convincere la sorella della ex affinché la persuadesse a ritrattare. Anche lei, altrimenti, sarebbe «finita su tutti i giornali».
«Adesso posso avere un colloquio con il mio avvocato?» a chiesto ancora lui, Maniero, dopo la lettura delle contestazioni. La prossima udienza il 31 marzo. Nel frattempo, niente più incontri in carcere con i familiari.