Corriere di Verona

Adriano, il lavoro, la famiglia «In Cina non c’era mai stato»

Anche moglie, figlia e nipotino sono risultati positivi al test del coronaviru­s. Resta ricoverato anche l’amico con cui giocava a carte nei bar del Vo’ Euganeo

- Andrea Priante

serio», dicono. Ma da venerdì nulla è più lo stesso, tanto meno l’immagine di quest’uomo. D’ora in avanti, per tutti sarà soprattutt­o la prima vittima italiana del coronaviru­s.

Trevisan, ex titolare di una piccola impresa edile con sede a Vo’ Euganeo, era stato ricoverato una dozzina di giorni fa all’ ospedale di Schiavonia, tra Este e Monselice. I sintomi che presentava avevano fatto pensare a una grave forma influenzal­e ma poi le sue condizioni sono peggiorate. Il resto, è cronaca di queste ore: il sospetto che potesse trattarsi di Covid-19, il tampone faringeo, il responso del test. Positivo. Poi le complicazi­oni e, l’altra notte, il decesso.

Ora a Vo’ ci sono dieci persone ricoverate in isolamento perché risultate positive al virus. Tra loro - ha confermato ieri il governator­e del Veneto,

Adriano Trevisan, muratore in pensione, aveva tre figli,

Luca Zaia - anche la moglie, la figlia e un nipotino di Trevisan. Gli infettati fanno tutti riferiment­o a due nuclei familiari: quello dell’ex muratore, e quello di un altro pensionato. Quest’ultimo è un uomo di 67 anni, che fino a pochi giorni fa viveva circondato dai suoi vigneti in una casa sulle colline di Vo’, assieme alla moglie. Entrambi ora sono ricoverati nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Padova perché positivi al coronaviru­s. A ieri sera, le condizioni

Ieri a Vo’ Euganeo nel Padovano gli esercizi hanno tenuto chiuso e i residenti sono rimasti in casa, per le strade solo mezzi di servizio e delle forze dell’ordine di marito e moglie (ma anche quelle dei familiari di Trevisan) non destavano particolar­i preoccupaz­ioni.

Visto che erano amici, si sospetta che l’origine del contagio sia da cercarsi proprio nelle loro comuni frequentaz­ioni. In paese li si vedeva spesso assieme, la sera, intenti a giocare a carte al Mio Bar o alla Locanda al Sole, che si trovano in centro a Vo’, a duecento metri di distanza.

Proprio in uno dei due locali, il paziente-zero potrebbe aver infettato uno di loro, che poi avrebbe trasmesso la malattia all’amico. E dai due anziani, si è poi trasmessa ai rispettivi familiari. Ed è proprio questo che ora si cerca di capire: perché è solo ricostruen­do la catena del contagio, che si può sperare di spezzarla definitiva­mente.

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Aveva 78 anni
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