Quattro malati ma paesi aperti
I residenti preoccupati: «Ora vogliamo sapere chi è» Positivi anche 3 operatori sanitari dell’ospedale di Dolo Ma i sindaci rassicurano: «Tutto sotto controllo»
«In macelleria mi hanno detto che è un mio vicino di casa: sono anziana, ci dicano dove abita: se è nella mia via lo dovrò pur sapere?». Ha 85 anni, Angela, e, sì, «stasera starò chiusa in casa», ma nelle prime ore della giornata, nonostante le voci di un concittadino contagiato dal Coronavirus circolassero da qualche ora, di restare senza spesa non ci ha pensato nemmeno un attimo. Come molti dei 10.814 abitanti della frazione di Mira, nella veneziana Riviera del Brenta, Angela è uscita per il solito giro di botteghe: macellai, fruttivendolo e due chiacchiere con i vicini. D’altronde, ieri, il clima tra Oriago, Mira, Dolo e Mirano, il triangolo dove il paziente è passato tra casa e ospedali, era primaverile, non c’era nemmeno la solita foschia mattutina, e la notizia di un concittadino contagiato non ha evidentemente preoccupato così tanto da chiudersi in casa.
Qualche timore si è diffuso tra i clienti dei supermercati, come il Lidl di Oriago: «I dipendenti avevano i guanti, nei giorni scorsi no, devo uscire con maschera e guanti anche io?», chiede un pensionato. In ogni caso, alla vista delle precauzioni, mariti. Ad una certa ora abbiamo recuperato un po’ di prosciutto, che abbiamo condiviso con tutti. Oggi, invece, siamo riusciti a pranzare: i pasti sono stati recapitati».
All’esterno dell’ospedale di Schiavonia tutto pare fuorché normale: un cordone di forze dell’ordine, maschera in volto e guanti sulle mani, controlla attentamente che nessuno entri od esca senza autorizzazione. Ai lati si notano le tende climatizzate d’emergenza inviate dalla Protezione Civile. Michele Magrini, segretario provinciale della Uil Funzione Pubblica e dipendente del presidio, è nel parcheggio a mantenere i contatti con i colleghi all’interno: «Mi hanno chiamato tutta la notte, sono i clienti non si sono dati alla fuga, nemmeno quando, tra le tante voci che circolavano ieri, ha fatto capolino l’ipotesi che il paziente contagiato vivesse proprio nella stessa zona. «Non capisco - dice Silvano Lucarda - mi dicono che forse il malato è un mio dirimpettaio, ma non mi chieda il nome, e se non fosse lui? Se lo è, era il più forte della rimasti sorpresi che potesse accadere proprio qui. Pare un film di fantascienza», riflette.
Nei dintorni, del resto, ci sono quasi solo campi: sembra impossibile che la prima vittima italiana del Coronavirus sia stata registrata qui, in quest’ospedale che spunta come un’astronave dalla pianura. «Un luogo tranquillo» sussurra qualcuno, facendoti novia, aveva la febbre da un po’ e non è nemmeno uno che esce tanto, speriamo si sbaglino». Aggiunge la signora Mainardi: «Dicono che viva qua, ma ho fiducia, la medicina ha fatto passi da gigante».
Chiedono di aver fiducia nell’Usl, nella Regione e nel Ministero che coordina le azioni da mettere in campo anche il sindaco di Mira Marco
Dori e i colleghi di Dolo, Alberto Polo, e Mirano, Maria Rosa Pavanello. «Stiamo seguendo le indicazioni che ci dell’Unità di crisi - spiega Dori - il Comune è aperto, invito i cittadini a seguire le raccomandazioni ministeriali e di non frequentare luoghi affollati». Aggiunge Polo: «Nei supermercati ci sono più code del solito, questo sì. Mi appello tare come pure le immagini di Street View, su Google, siano ferme al 2011, quando il «Madre Teresa di Calcutta» era poco più di uno scheletro in costruzione. Monselice dista solo pochi minuti d’auto e in città l’atmosfera è preoccupata. Sui social i cittadini sono divisi, fra chi (tanti) manifesta paura e chi cerca di contenere il panico. «I numeri d’emergenza ai colleghi sindaci: non si facciano provvedimenti a spot». A Mirano, Pavanello, ieri, ha continuato a rispondere alle richieste di chiarimenti dei suoi concittadini: «Solo se si hanno avuto contatti con il malato va chiamato il numero verde», ha ripetuto a molti. «Il clima è caotico», raccontano a El Tabaker, tabaccheria di Oriago - Sembra esserci la rincorsa 112 e 1500 sono sempre occupati», lamentano in molti. E mentre il Duomo sospende il catechismo, c’è chi esorta a cancellare il Carnevale. I provvedimenti del Comune arrivano in serata per iniziativa di quasi tutti i sindaci del Distretto 5, ex Usl 17, dopo un vertice terminato alle 19. «Fino alle 24 di martedì 25 febbraio - puntualizza il sindaco
Le tende L’ospedale da campo allestito all’esterno dell’ospedale di Schiavonia, a Monselice all’identikit di questa persona, non vedo tuttavia panico. Noi cerchiamo di non sporgerci troppo verso i clienti». Che come ogni sabato, ieri, non sono mancati. Le famiglie erano cioè a passeggio, a fare la spesa, nei bar e nei negozi. Eppure, la paura serpeggiava davvero, altrimenti non si spiegherebbe l’assalto da New Gooses, specializzato in abbigliamento professionale: «Ho appena venduto le ultime sei mascherine - dice Raffaella - c’è stata la rincorsa».
Tra i residenti di Oriago anche Paolino D’anna, consigliere comunale a Venezia: «Non si parla d’altro in Paese - racconta - è normale, siamo tutti preoccupati». Sui social, le domande del popolo del web non si discostavano da chi si incrociava per strada: «Chi è?», «Cosa dobbiamo fare?». Intanto, oggi, nelle parrocchie della Riviera non ci sarà il «segno di pace» e nemmeno l’acqua santa. «Per ragioni di sicurezza», dice don Artemio Favaro da Mirano. In serata la notizia di altri tre contagiati all’ospedale di Dolo: una cardiologa, un infermiere e un’operatrice sanitaria.
Giorgia Bedin - le scuole resteranno chiuse, asili compresi. Saranno sospese cerimonie civili e religiose, così come gli eventi sportivi e la festa di Carnevale: dobbiamo evitare assembramenti». Bedin ha trascorso ore fra una riunione e l’altra, cercando anche di tranquillizzare (di persona e sui social) chi le chiedeva se c’è pericolo. E quasi al termine della giornata, illustrando l’ordinanza, esprime qualche amarezza: «Non possiamo restare appesi alle decisioni delle autorità regionali e nazionali. Abbiamo deciso di agire a scopo precauzionale, pur senza alimentare allarmismi».