La messa del vescovo nella Cattedrale vuota: «Mi costa»
(d.o) «Se dovessi rivolgermi alle persone in questa cattedrale mi troverei di fronte al vuoto. E così è, vuota». La voce di monsignor Giuseppe Zenti risuona grave tra le pareti del Duomo. L’effetto rimbombo sembra quasi amplificato dall’assenza del pubblico. Le porte della chiesa sono chiuse. È la prima messa, di una serie (si andrà avanti fino domenica) celebrata davanti a un pugno di sacerdoti (il capitolo della Cattedrale) e di suore, e trasmessa in diretta su Telepace. Una scelta che è stata replicata anche da altre diocesi (come il Patriarcato di Venezia) su altre emittenti locali. Un modo per far arrivare la Parola di Dio «come è raccomandato nel caso degli infermi, che non si possono recare in Chiesa». Tuttavia il vescovo, nella cerimonia del mercoledì delle Ceneri ha fatto trapelare una certa amarezza, già anticipata, nei giorni scorsi, da alcuni suoi stretti collaboratori: «Siamo tutti in attesa di essere liberati da queste limitazioni imposte da delibere precise – ha detto nel corso dell’omelia – emanate dalle autorità competenti, per precauzione contro il Coronavirus. Nemmeno a me come vescovo è consentito sottrarmi. E ciò mi costa molto. Molto di più di quanto potrebbe costare agli insegnanti che tengono molto alla scuola. Per noi cristiani, non potere celebrare l’eucarestia domenicale è un sacrificio enorme. Ed è bene che lo sappiate e che anche le autorità lo sappiano. Per noi l’eucarestia è il bene sommo». Lunedì, poche ore dopo la diffusione del decreto ministeriale, concordato con i presidenti di Regione, era stato il vicario generale della diocesi, monsignor Campostrini, a evidenziare il paradosso per cui «si chiudono le Chiese ma si tengono aperti i centri commerciali». Non tutte le chiese, a dire il vero, ieri sono state chiuse. Alcune parrocchie, è il caso dell’unità pastorale di Bevilacqua e Marega, hanno consentito l’ingresso in chiesa, con imposizione delle ceneri, confessione e comunione eucaristica, pur senza celebrare la messa. Una sorta di disobbedienza civile. Anzi, ecclesiale.