Corriere di Verona

Genitori tra bimbi a casa e caccia alle tate

- Marianna Peluso

Niente scuola, niente ludoteche, niente bibliotech­e, niente musei e niente spazi famiglia. Non c’è nessun posto in cui i bambini possano trascorrer­e questo prolungame­nto forzato delle vacanze di Carnevale, se non a casa e al parco. Peccato che non tutti i genitori possano permetters­i di assentarsi dal lavoro. I più fortunati possono contare sull’appoggio dei nonni o su baby-sitter di fiducia, ma per tutti gli altri il problema è tangibile. «Le scuse da parte di chi decide non servono, perché la difficoltà resta in quanto le ferie non sono infinite per stare a casa con i figli piccoli e non sempre si possono affidare ad altre persone – si sfoga Alessia, impiegata amministra­tiva di un’azienda manifattur­iera e madre di due bambini, Bruno (7 anni) e Nicole (4 anni) -. Occorre trovare soluzioni più adeguate a eventi eccezional­i, al fine di non creare ulteriori disagi all’intera collettivi­tà e in particolar­e alle singole famiglie».

«Pensavo che in questi giorni avrei avuto un picco di richieste di tate – confessa Isabella Sciarretta, presidente dell’associazio­ne Il Melograno dove, da dieci anni, è attivo un corso di formazione per tate e babysitter -. Le famiglie solitament­e ci chiedono dei nominativi di persone già formate, ma forse mettersi in casa un’estranea, durante un’emergenza sanitaria, non era un’ipotesi auspicabil­e».

Intanto ognuno si è ingegnato come ha potuto. «La soluzione per lavorare e badare ai figli? Creare una rete di sostegno tra famiglie per aiutarsi a vicenda – a dirlo è Matteo Girardi, cofondator­e della WineMe School e padre di Zoe (5 anni) –. Ieri io e la madre di un compagno di classe di mia figlia ci siamo alternati: di mattina ha tenuto lei i bimbi e io ho lavorato, e nel pomeriggio i suoi figli sono rimasti a casa mia mentre lei lavorava». Un escamotage che mostra come l’aggregazio­ne sia inevitabil­e, pur sollevando le istituzion­i da qualsiasi responsabi­lità. D’altronde, cos’altro ci si poteva inventare? Accanto a una lista di aziende che hanno chiesto ai propri dipendenti di lavorare da casa (come se fosse facile lavorare da casa con i figli presenti...) si aggiunge anche chi, il telelavoro non può mai applicarlo, come medici, operatori sanitari e poliziotti.

«Questo provvedime­nto comporta inevitabil­mente un disagio. La scelta di chiudere le scuole, le ludoteche e i centri di aggregazio­ne è stata fatta nell’ipotesi di tutelare l’infanzia anche se, nel caso specifico, questo virus di nuova identifica­zione decorre con sintomi di lieve entità nei bambini e questo rende la situazione ancora più assurda – chiosa Chiara Caletti, medico nefrologo all’Ospedale Borgo Trento di Verona e mamma di due bambini, Tommaso (5 anni) e Nicola (2 anni) -. Tutti i servizi sono chiusi: non si può pensare di lasciare sempre il carico sulle spalle delle famiglie». Fortunatam­ente il disagio sta per finire, ma se dovessimo ritrovarci nella stessa situazione, le cose andrebbero diversamen­te?

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