Chievo, niente tris tonfo in casa con il Livorno
Dopo due vittorie il ko inatteso con l’ultima della classe. Marcolini ora è appeso a un filo
La storia infinita. Quando è lì per decollare, il Chievo di Marcolini, la cui panchina è ora appesa a un filo, si tarpa le ali da solo. Tanto da riuscire a farsi sgridare da un Livorno che non vinceva dal 2 novembre scorso, ultimo e con peggior attacco e seconda peggior difesa della B.
A porte chiuse, in un Bentegodi insonorizzato dalle misure anti-coronavirus, il 26esimo atto della stagione clivense è un imperdonabile harakiri. Dalla trama, peraltro, spaventosamente lineare: sul radar dei tre difensori centrali amaranto, tutto tranne che dei lillipuziani, una valanga di cross che servono a poco e a lungo andare infondono sicurezze, a quelli di Breda. Il tentativo di metterla più sul gioco palla a terra, di fronte a una squadra armata di contropiede e orgoglio, s’intravede poco dopo un’ora quando, freddato da Ferrari, Marcolini chiama Vignato, andando di tridente, con il baby da mezzala, Giaccherini punta larga ed Esposito nel suo ruolo naturale, regista. Tardi, a quel punto. Facciamo una panoramica, allora. In classifica il Chievo è ottavo, dentro i playoff, +1 sul nono posto. Ma quella di ieri era l’occasione per iniziare a fare sul serio. L’aveva detto anche Sergio Pellissier, alla vigilia: «In quel senso è una gara decisiva perché se non facessimo risultato vanificheremmo i due successi su Salernitana e Pordenone». Ecco: il Chievo proprio non va oltre le due vittorie di fila, mini-striscia che aveva timbrato solo un’altra volta, nell’ottobre scorso.
Se Marcolini, battendo Salernitana e Pordenone, s’era tenuto stretto il timone, adesso tutto torna in discussione.
Con i nomi di Bisoli e Aglietti nuovamente d’attualità. E con poco tempo per decidere, tra l’altro, perché già mercoledì il Chievo sarà di nuovo all’opera, in quel di Ascoli. Lo scenario, in ogni caso, sembrerebbe quello di una domenica di riflessione, per forza. Perché il ko con la cenerentola di B, inaugurato ancora una volta dalla scalogna, cioè l’infortunio di Garritano dopo cinque minuti, pesa come un macigno. E in larga parte se l’è cercato, il Chievo. Gioco abbastanza sterile nel primo tempo, possesso palla fuori discussione ma nessun affondo deciso: Meggiorini, Segre, Giaccherini, una chance a testa e, tra una cosa e l’altra, Plizzari a cavarsela sempre. E il Livorno, beh, tutto rannicchiato, giusto qualche accenno di rimessa, e fine. Andava all’intervallo, il Chievo, rischiando già la sberla, scongiurata da Semper con un gran tuffo su destro a giro di Ferrari. Quasi un presagio. Perché a seguito di un’incornata di Djordjevic sventata da Plizzari, ecco il colpo toscano, con Ferrari, su lancio dalla difesa. Poi un assedio, fisiologico ma affaticato. Dentro Vignato, Morsay, una caterva di preghiere e pure Semper, nel finale, su corner.
Alla fine, il silenzio è parso una «pressione» per il Chievo, chiamato a mostrarsi maturo, e un via libera per le menti avversarie. Bocciatura? Sì. E di quelle sonore.