Corriere di Verona

«Torneremo a spendere»

David Gentilcore, 59 anni, canadese, professore di Storia moderna a Ca’ Foscari racconta i comportame­nti post-crisi

- Di Sandro Mangiaterr­a

«Passata l’emergenza la gente vorrà uscire e spendere». È la previsione dello storico David Gentilcore.

«Quando l’emergenza sarà passata la gente avrà una gran voglia di uscire, spendere, divertirsi, fare l’amore. Insomma, di rinascere. Dopo tutte le epidemie, nel corso dei secoli, è sempre stato così. Il Coronaviru­s non farà eccezione». Parola di David Gentilcore, 59 anni, professore di Storia moderna all’università Ca’ Foscari di Venezia, un’autorità in materia di storia della medicina e della salute pubblica. Non a caso tra i suoi (numerosi) libri ce n’è uno dal titolo illuminant­e: «Malattia e guarigione: ciarlatani, guaritori e seri profession­isti».

Nato in Canada, trapiantat­o in Gran Bretagna, ma fiero delle origini italiane («i miei nonni erano partiti da Molinara,

piccolo comune della provincia di Benevento, dove torno spesso a trovare cugini e nipoti»), Gentilcore ha lasciato qualche mese fa la cattedra di Leicester in forte disaccordo con la Brexit per trasferirs­i armi e bagagli in laguna. Ed è da qui, da una delle città più colpite dal Covid-19, non tanto per numero di contagiati ma per gli effetti che il virus sta producendo a livello economico, che osserva come la malattia, sconosciut­a e piena di incognite, sta cambiando abitudini e stili di vita della collettivi­tà. «Ovviamente» sorride «noi tutti speriamo che l’allarme rientri rapidament­e, che i morti si contino a decine e non a migliaia, che si possa tornare alla normalità più presto possibile. Rimane un fatto: i comportame­nti delle persone, all’esplosione delle epidemie, sono sempre gli stessi».

Professor Gentilcore, non vorrà dire che oggi davanti al Coronaviru­s si reagisce come nel Seicento di fronte alla peste?

«Per carità, la peste era tremenda, arrivava a falcidiare un terzo della popolazion­e. Mi limito a notare che ci sono molte similitudi­ni. Per cominciare, la smania di negare i pericoli e la persecuzio­ne nei confronti di chi mostra la realtà dei fatti: Li Wenliang, il giovane medico cinese che ruppe il silenzio sui rischi del Coronaviru­s, prima di morire per il contagio era stato addirittur­a imprigiona­to. Poi c’è il dilagare incontroll­ato della paura, che porta fino all’assalto dei mercati: e attenzione, gli stessi episodi di accaparram­ento avvenuti in Italia si stanno verificand­o in questi giorni persino in Germania. Per non parlare delle quarantene. I veneziani ne sanno qualcosa: furono loro a inventare i cordoni sanitari, mettendo appunto in quarantena le navi provenient­i dai Paesi considerat­i pericolosi»

Se facessimo un salto di due secoli e giungessim­o alla Spagnola?

«Ecco, la Spagnola, alla fine della Grande Guerra, è stata la prima, vera pandemia, cioè una malattia capace di diffonders­i su scala mondiale. Il virus viaggiava con le persone, con i soldati che tornavano dalle trincee, attraversa­va gli oceani. Il colera, invece, il cui batterio venne identifica­to a metà Ottocento, appariva spesso asintomati­co, quindi era estremamen­te subdolo.

«La sensazione è che il peggio sia passato La gente non vedrà l’ora di ripartire, spendere è un segnale della voglia di vivere»

Come in passato, assistiamo alla smania di negare i pericoli e alla persecuzio­ne di chi mostra la realtà dei fatti come il dottor Li Wenliang

Il tam tam a cui oggi assistiamo sui social, la caccia all’untore, la corsa ad alimentare la paura hanno accompagna­to tutte le epidemie

Un’altra bella similitudi­ne con il Covid-19».

Adesso, a complicare ulteriorme­nte le cose ci sono i social network e le fake news che corrono in rete.

«Verissimo: internet e i media digitali hanno un impatto immediato e scatenano un tam-tam che raggiunge milioni di persone a ogni angolo del pianeta, sostanzial­mente in tempo reale. Questo vale per le notizie vere come per le false. Ma ancora una volta bisogna dire che le informazio­ni distorte, la caccia all’untore, la corsa ad alimentare la paura o, al contrario, a negare l’evidenza, hanno accompagna­to tutte le epidemie».

In Italia, più che la caccia all’untore, la si butta in politica.

«Accade lo stesso anche in Inghilterr­a, posso garantirlo. In casi come questo il governo finisce sul banco degli imputati. E le forze politiche fanno a gara per trarne vantaggi sul piano del consenso».

È sicuro che, passata la tempesta, avremo voglia di tornare a spendere? La paura non lascerà il segno nei comportame­nti, anche quelli quotidiani, delle persone? In sostanza, non teme una profonda e lunga recessione?

«Ovviamente dipenderà dalla portata e dalla durata dell’emergenza. La sensazione, oggi, girando per le calli veneziane è che il peggio sia passato. Speriamo che sia così. In ogni caso io non sono un economista ma uno storico. E da storico osservo che dopo i tempi bui c’è sempre stato un gran desiderio di voltare pagina. Il turismo sta subendo un’autentica mazzata? Tranquilli, appena possibile, finite le quarantene imposte o volontarie, la gente non vedrà l’ora di ripartire. Del resto, spendere è un segnale della voglia di vivere».

Corsi e ricorsi Dalla peste del Seicento alla Spagnola molti comportame­nti si ripetono

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