Banche, per le partite Iva Fir a ostacoli su Isa e redditi
Il timore delle verifiche fiscali. I comitati: un mese in più per le domande
Ex popolari, sui rimborsi del Fondo indennizzo risparmiatori la corsa delle partite Iva diventa ad ostacoli. Le nuove norme che fanno rientrare in gioco i redditi forfetari. Ma anche i problemi con gli Isa, gli indicatori sintetici di attività, che hanno sostituito gli studi di settore. A quaranta giorni dalla scadenza dei termini di presentazione delle domande, la prova dei fatti mostra i problemi per i soci azzerati di Bpvi e Veneto Banca nell’accedere al rimborso del 30%, con un massimo di centomila euro. Specie per categorie particolari ma rilevanti, come le partite Iva.
A incidere qui non c’è solo la norma della Finanziaria 2020 che ha fatto rientrare i redditi dal regime fiscale forfettario fino a 65 mila euro (cedolare secca compresa) tra quelli da dichiarare per ottenere i benefici, cambiando radicalmente l’accesso al Fir attraverso il canale semplificato, sotto i 35 mila euro di reddito 2018. Su questo, dopo la riunione di sabato tra le associazioni (Ezzelino, Adusbef, Codacons e Federcontribuenti) ieri sono partite le contromisure, a iniziare dall’interpello al ministero dell’Economia del tributarista Loris Mazzon. A cui si è aggiunta la richiesta di inserire nei provvedimenti legati al coronavirus la norma che permette a Consap, la società del Tesoro che gestisce la partita rimborsi, di pagarli senza attendere l’esito positivo dei controlli dell’Agenzia delle entrate sulla correttezza dei redditi dichiarati, per tagliare i tempi.
Ma sul fronte delle partite Iva non è l’unica trappola. L’altra sono gli Isa, che toccano le partite Iva che dichiarassero un reddito 2018 inferiore ai 35 mila euro per l’accesso semplificato. «Ma l’Isa con cui si dichiara il reddito può avere un punteggio inferiore a 6, cioé non essere ritenuto affidabile e quindi soggetto per cinque anni ad accertamenti - spiega
Mazzon -. Cosa succederebbe se ciò avvenisse con esito infausto, dichiarando errati i dati, dopo che il ristoro fosse pagato?». In ballo ci sarebbero una dichiarazione falsa e con probabilità la richiesta di restituire i soldi. Ma anche la soluzione di evitare di chiedere un accesso al Fir con il canale ordinario, evitando dichiarazioni sul reddito, non appare a tenuta stagna. Evitare di farlo, dove potenzialmente possibile, potrebbe suonare come un’implicita ammissione che i dati sul reddito sono errati. «L’unico modo davvero sicuro resta allinearsi alle previsioni del fisco: i costi sono contenuti - sostiene Mazzon -. Il fatto è che finora si sono sottovalutati gli aspetti correlati alle richieste di rimborso, come le questioni fiscali. Che presentare la domanda di rimborso attraverso il portale Consap sia semplice non implica che la questione lo sia anche nella sostanza».
E l’accento sulle questioni fiscali correlate alle domande getta forse anche un faro sul numero delle domande fin qui presentate. In tutto 62 mila complete, metà per le ex popolari venete visto che sono 30 mila quelle con i dati bancari forniti da Intesa, e 24 mila ancora da controllare, secondo i dati di fine febbraio di «Noi che credevamo nella Bpvi», salite nel complesso a 70 mila per quelle complete, secondo i dati circolati nella riunione di sabato. Tre anni fa l’operazione di transazione delle venete, con la restituzione del 15%, aveva visto aderire 120 mila soci, pur se quelli veneti, nel caso di Veneto Banca, erano stati solo il 64% degli aventi diritto. Altri numeri, comunque. Ma lì in ballo c’era un accordo tra banche e azionisti, che non implicava dichiarazioni o controlli fiscali.
E non sono i soli problemi. «Senza contare quelli che si rilevano ancora sul portale Consap, come gli elenchi incompleti dei Comuni di residenza, l’emergenza coronavirus sta rendendo più difficili le cose sostiene Luigi Ugone di Noi che credevamo nella Bpvi -. A noi che dobbiamo ricevere i risparmiatori non più ai ritmi di 50-60 al giorno come nelle scorse settimane. Ma anche fuori dalle agenzie di Intesa ci segnalano clienti in coda, anche per ricevere i documenti bancari, perché l’ingresso è contingentato». Anche per questo un lotto di associazioni (Ezzelino, Consumatori attivi, Adusbef e altri) ha chiesto al governo un’ulteriore proroga di un mese per le domande. «Per far fronte alle difficoltà di ottenere in tempo i documenti bancari servirebbe una regola che permettesse di integrare la domanda nel momento in cui siano disponibili - sostiene Andrea Arman del coordinamento don Torta -. Una proroga resta pericolosa rispetto ai rischi di spostamento dei fondi su altre emergenze».