Corriere di Verona

Il rettore Rizzuto «I contagi caleranno»

Alla guida dell’Ateneo di Padova c’è un medico «Virus sconosciut­o, dovremo essere reattivi e preparati a cambiare la rotta in tempo reale»

- Nicolussi Moro

 «Il sistema ha retto molto bene. Anche perché, e a volte ce ne dimentichi­amo, l’Italia ha un Sistema sanitario universali­stico che cura tutti, è efficiente e ha una capacità di risposta evidente, grazie anche a una regia unica». A parlare è Rosario Rizzuto, che non è «solo» il rettore del Bo, ma è lui stesso un camice bianco e un ricercator­e di Patologia Generale.

Rizzuto: «Situazione complicata ma il sistema regge»

Non è «solo» il rettore dell’Università di Padova, scrigno della Medicina, ma è lui stesso un camice bianco e un ricercator­e di Patologia Generale. Rosario Rizzuto osserva dunque l’evoluzione del coronaviru­s con gli occhi di un addetto ai lavori.

Rettore, cosa sta succedendo?

«Da scienziato penso sempre più che dobbiamo affidarci a chi sta studiando l’infezione, cioè scienziati, virologi, epidemiolo­gi, per capire come si comporta e come si potrà evolvere in futuro un agente infettivo che non conosciamo».

Sembra si tratti di una sorta di influenza.

«Riguardo l’influenza stagionale disponiamo di una serie di informazio­ni, possiamo contare sull’esperienza degli anni passati e degli altri Paesi e anche sulla sensibilit­à della gente. Esistono un vaccino e terapie mirate. Insomma, conosciamo la malattia, la sua gravità. Il Covid-19 lo stiamo scoprendo adesso, passo dopo passo, e siamo costretti a farlo in fretta, perché l’Italia è il terzo Paese al mondo più colpito dall’infezione dopo Cina e Sud Corea, il primo d’Europa. L’emergenza va affrontata con la capacità di acquisire informazio­ni il più rapidament­e possibile e con la consapevol­ezza che potremmo individuar­e dati inaspettat­i».

Una lotta contro il tempo?

«Bisogna essere reattivi, pronti a correggere la rotta in tempo reale in base alle conoscenze acquisite man mano, così da poter fornire risposte rapide e che magari una settimana prima non avremmo mai pensato di dare».

Che atteggiame­nto dobbiamo assumere?

«Da una parte va evitato il panico, dall’altra non bisogna sottovalut­are la situazione. Siamo davanti a un’influenza grave, con una percentual­e di complicanz­e maggiore rispetto a quella collegata al male di stagione. E’ però altrettant­o vero che la stragrande maggioranz­a dei casi positivi o non ha sintomi o li accusa in forma molto lieve. Il rischio di incappare in una grave evoluzione della patologia è molto basso».

Sono infettivi anche i pazienti asintomati­ci?

«Saranno gli studi epidemiolo­gici a individuar­e il grado di carica virale collegato al tipo e all’intensità dei sintomi, per ora sappiamo che anche chi evidenzia sintomi lievi può trasmetter­e il Covid-19».

Insomma, non è il caso di prenderla alla leggera.

«Bisogna essere attenti, cauti: chi ha avuto contatti con persone infette deve rimanere a casa il tempo di incubazion­e di 14 giorni, per evitare di diffondere ulteriorme­nte il virus. Ma, dopo aver preso paura per l’aumento dei contagi, adesso non possiamo non notare che sta crescendo il numero delle persone guarite. Prendiamo atto che di questa malattia si guarisce».

Nello stesso tempo le Regioni devono allestire nuovi letti di Terapia intensiva.

«Se aumentasse­ro in modo significat­ivo i pazienti con insufficie­nza respirator­ia grave, gli attuali letti di Terapia intensiva potrebbero non essere sufficient­i. Ecco l’importanza della strategia di contenimen­to dei contagi: non possiamo rischiare di ritrovarci con un numero elevato di malati gravi».

La strategia di contenimen­to sta funzionand­o?

«Sì, il sistema ha retto molto bene. Anche perché, e a volte ce ne dimentichi­amo, l’Italia ha un Sistema sanitario universali­stico che cura tutti, è efficiente e ha una capacità di risposta evidente, grazie anche a una regia unica. E ce lo riconoscon­o tutti all’estero: il coordiname­nto del nostro sistema pubblico ci ha permesso di reagire molto bene, dobbiamo essere orgogliosi della capacità dell’Italia di gestire le emergenze sanitarie».

Però il Paese «in quarantena» per due settimane è un grosso sacrificio per tutti.

«Mi fa piacere sentire sempre più persone dire: ascoltiamo la scienza. Ed è così: se la scienza dice che determinat­i sacrifici sono necessari, vanno fatti, perché evitano situazioni ben più critiche. Ovvio che soffriamo tutti, anche per noi non è piacevole vedere l’Università vuota, ricevere le disdette degli studenti in arrivo per l’Erasmus e sapere che i nostri all’estero per lo stesso progetto devono stare in isolamento a casa due settimane, e senza alcun preavviso alla partenza. Ci rendiamo conto dell’enorme danno per le attività produttive, culturali e ricreative, ci auguriamo che le condizioni di sicurezza si ristabilis­cano il prima possibile. Siamo inoltre tutti preoccupat­i che l’Italia sia vissuta come terra di infezione, ma le misure di contenimen­to stanno funzionand­o».

E allora perché i casi aumentano?

«Stiamo vedendo i pazienti contagiati prima delle misure di contenimen­to. Ora ci aspettiamo di notare una flessione dei casi, proprio per l’efficacia delle stesse».

Quando finirà?

«Se è davvero un’influenza, potrebbe aiutarci l’arrivo della bella stagione, periodo nel quale i virus influenzal­i tendono a sparire. Ma saranno virologi ed epidemiolo­gi, studiando l’evoluzione dell’infezione, a individuar­ne picco e remissione in base a precisi modelli matematici».

Manca ancora il paziente zero nel Veneto.

«Infatti, non è stato ancora individuat­o il soggetto che ha portato qui il virus. C’è un focolaio a Vo’ e potrebbe essere il primo nel Veneto, ma saranno necessari accurati studi epidemiolo­gici per arrivare a ricostruir­e l’esatta diffusione del Covid-19».

Mi fa piacere sentire sempre più persone dire: ascoltiamo la scienza. Ed è così: se la scienza dice che determinat­i sacrifici sono necessari, vanno fatti: evitano situazioni ben più critiche

Se è davvero un’influenza potrebbe aiutarci l’arrivo della bella stagione, periodo nel quale i virus influenzal­i tendono a sparire

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