Corriere di Verona

Il Chievo di Aglietti pareggia ad Ascoli «Bene per un’ora»

Avanti con Djordjevic, poi arrembaggi­o bianconero e il pari. Aglietti: «Bene per un’ora»

- Sorio

Il primo Chievo di Aglietti ha la doppia faccia delle squadre ancora immature. Perché al Del Duca, dove alla fine si gioca, sebbene a porte chiuse per l’emergenza coronaviru­s, «Aglio» ottiene fino all’intervallo ciò che chiedeva alla vigilia: personalit­à, baricentro alto, gioco verticale.

Poi invece vede quelle certezze rosicchiat­e dall’impeto dell’Ascoli, quattro punti nel suo 2020. E porta a casa un pari che non migliora il trend del Chievo con le «piccole» né spettina la classifica: sarebbe fuori dai playoff seppure di un punto, a oggi, il Chievo, che da quota 38 e con undici gare da giocare, sconta nove punti di ritardo sulla seconda, il Frosinone. E dire, appunto, che le idee di Aglietti si vedono, ad Ascoli, nel match che dopo l’ordinanza della Regione Marche «strappa» la soluzione delle porte chiuse nella mattinata, dopo una notte d’attesa. Il primo bisturi, sul modulo, taglia il trequartis­ta a favore del tridente: Giaccherin­i a sinistra, Vignato a destra e la boa, Djordjevic, che scalza Meggiorini e torna a esultare a 157 giorni dall’ultima volta, timbrando il gol numero 1.500 del Chievo tra i profession­isti.

Le intenzioni del nuovo corso si riflettono nel maggior numero di uomini portati in area, o in quel mezzo dualismo Obi-Esposito che si risolve con il secondo più dentro al gioco, da play, mentre

a Obi spetta la licenza di fomentare il pressing e il tandem Giak-Vignato si abbassa, quando serve, disegnando quasi un 4-5-1. Il Chievo del primo tempo, al Del Duca, ha il petto in fuori. E piace, perché quei fili invisibili disegnati nel corso di tre allenament­i

paiono tenere insieme e compatto l’undici. Che il Chievo non sia aduso a comandare, tuttavia, è storia nota, come testimonia­no gli undici pareggi stagionali, record condiviso col Venezia. Ecco allora che quando Obi cede per stanchezza il testimone a Di

Noia, al rientro dopo tre mesi, quando Giaccherin­i inizia a pagare gli sforzi da esterno offensivo, quando Stellone rovescia sul tavolo la carta Trotta, ecco insomma che una gara su cui poteva essere messo il lucchetto diventa un gioco a difendersi. Finché l’Ascoli, aggredendo proprie sulle corsie, lato fisiologic­amente più a rischio usura nel 4-3-3 gialloblù, pesca il pari con l’ex Ninkovic, meteora clivense nel 2016, e si protegge dal tentativo della ripresa nello specchio della porta, autore il subentrato Meggiorini, scaldando le mani a Leali.

Così Aglietti: «Molto soddisfatt­o per un’ora. Poi ci siamo chiusi troppo e non siamo ripartiti. Fossimo stati più freddi, in certi frangenti l’avremmo potuta portare a casa. Difficile comunque chiedere di più e la strada tracciata nel primo tempo è quella giusta». Adesso c’è da studiare il Cosenza. Che lunedì si farà sotto al Bentegodi, in quello che sarà il ritorno di «Aglio» in piazzale Olimpia, a nove mesi dalla «vecchia» promozione in A con l’Hellas.

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Serie B Al Del Duca, nel posticipo, Vignato uno dei migliori del Chievo

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