Nel Veronese i casi sono 25, nessuno grave
Contagi a macchia di leopardo: primi casi anche a Castelnuovo, Grezzana e Sona. L’ospedale di Negrar analizzerà tutti i campioni per l’Usl
Venticinque casi accertati, nove ricoveri, con alcuni pazienti che arrivano da fuori provincia. I numeri del Coronavirus crescono ma senza destare allarmismi.
VERONA Venticinque casi accertati, nove ricoveri, con alcuni pazienti che arrivano da fuori provincia. A quattro giorni dai primi pazienti veronesi, i numeri del nuovo Coronavirus in provincia crescono ma senza destare particolare allarmismi, smentendo, almeno per il momento, il rischio di un contagio a catena come avvenuto in altri cluster. Molti dei casi, inoltre, risultano ancora privi di sintomi o con sintomi lievi e non hanno richiesto il ricovero in ospedale. È ancora l’azienda ospedaliera di Verona a contare il maggior numero di pazienti affetti da Covid 19: sono quattro. Ai due ricoverati da domenica (ora con i sintomi in attenuazione, tant’è che i medici confidano in una dimissione a breve) si ne sono aggiunti altri due, con un quadro clinico che non richiede la terapia intensiva. Finora solo un paziente del policlinico ha avuto bisogno, solo per qualche ora, di essere spostato nel reparto di cure intensive: un dato che fa ben sperare per la disponibilità dei posti letto a disposizione. E proprio la provincia di Verona è tra le principali beneficiarie dell’aumento dei posti stabilito ieri dalla Regione Veneto: dei 534 complessivi, 118 finiscono negli ospedali scaligeri: 64 nel reparto di Malattie infettive di Borgo Roma, 12 in terapia intensiva a Borgo Trento. Inoltre ce ne saranno altri 42 tra Legnago (12 di malattie infettive), San Bonifacio (12 di malattie infettive e due di pneumologia) e Villafranca (14 di malattie infettive e due di pneumologia).
Oltre all’azienda ospedaliera, nella giornata di ieri, si sono contati nuovi ricoveri a Legnago e all’ospedale Sacro Cuore di Negrar. Il primo ne conta tre, tutti in condizioni non gravi: c’è la donna di un comune limitrofo ricoverata da domenica e altre due persone che non sarebbero provenienti dall’area della Bassa. Per quanto riguarda l’ospedale di Negrar, entrambi i casi arrivano da fuori provincia: uno è il sessantenne residente in Lombardia, ma domiciliato a Schio, nel Vicentino che era stato ricoverato all’ospedale di Santorso per un’altra patologia. In un momento in cui si dibatte molto del ruolo della sanità privata davanti a un’emergenza sanitaria, il Sacro Cuore – Don Calabria, che è una struttura convenzionata gestita da un ordine religioso, ha messo a disposizione sei posti letto di terapia intensiva (due sono già pronti). Non solo, la Regione ha stabilito che sarà proprio l’ospedale della Valpolicella (non a caso Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico per le malattie infettive tropicali) ad occuparsi, per tutta l’Usl Scaligera, dell’analisi microbiologica dei campioni che, in ogni caso, verranno raccolti anche nelle altre strutture e a domicilio. Le stesse analisi saranno svolte anche dall’azienda ospedaliera per i propri pazienti interni.
Per i casi di «semplice» contagio, si conferma un cartina a «macchia di leopardo»: ieri ne hanno annunciati i sindaci di Grezzana, Sona e Castelnuovo del Garda. Nei giorni scorsi erano stati segnalati a Casaleone, Villafranca, Monteforte d’Alpone e Sant’Anna d’Alfaedo. L’Usl intanto ha attivato un numero verde (800-936666) per informazioni, indicazioni sui comportamenti da seguire ed eventuali dubbi sul coronavirus. Intanto, le associazioni dei donatori dei donatori di sangue invitano a non disertare i centri trasfusionali. «Sono sicuri», afferma la presidente di Fidas Verona, Chiara Donadelli. Ieri ha fatto la sua ultima donazione (per raggiunti limiti d’età) uno storico socio: Angelo Fasoli. È stata la numero 204.