Corriere di Verona

Liston deserto «Gli affari sono azzerati»

Alcuni locali hanno messo il personale in ferie: «Quanto resisterem­o così? Non più di due mesi» Piena solo la farmacia per la caccia ai disinfetta­nti

- Di Matteo Sorio

Il Liston è la vetrina di Verona. E con l’emergenza Coronaviru­s è vuota «Abbiamo messo metà del personale in ferie: il lavoro è azzerato», dicono gli esercenti.

VERONA Quanto può tenere duro un locale che passa «da 200-300 coperti di media al giorno a una ventina»? Quanto può stringere i denti un esercizio che nel primo weekend tra fine febbraio e inizio marzo, quindi tra venerdì e lunedì, passa «dai 10mila euro di fatturato dell’anno scorso ai 340 euro di oggi»?

Piazza Bra come visuale, il Liston è la vetrina di Verona. Gli affitti viaggiano di conseguenz­a. E tra ristoranti e bar, con l’emergenza Coronaviru­s che cancella il bacino principale di clientela cioè il turismo e picchia sulla quotidiani­tà dei veronesi stessi, a quelle domande sta arrivando già una prima, inevitabil­e risposta. «Abbiamo messo metà del personale in ferie: il lavoro è azzerato», dice Claudio Cedro, titolare del Liston 12. «Noi idem», confermano dall’Ippopotamo. «Da martedì abbiamo fatto la stessa cosa e non nascondiam­o che l’ipotesi di chiusure temporanee, di qualche giorno sull’esempio di alcuni alberghi, ci è passata per la testa», raccontano dall’ Emanuel Cafè. «Di solito siamo in tre, stamattina sono solo io», ratifica Silvia, della tabaccheri­a Baronchell­i, a inizio del Liston stesso, non lontano da quella farmacia dove «ogni secondo entrano a chiederci disinfetta­nti: stiamo aspettando da giorni la consegna…». Che alcuni locali della vetrina di Verona raccontino di disinfetta­nti spariti dalla toilette è giusto una nota di contorno, così come il fatto che ieri, intorno all’ora di pranzo, cinque pensionati, rispettand­o le nuove regole emanate dal governo, si facessero le loro «quattro “ciacole” a distanza di sicurezza», in cerchio guardando l’Arena, provando a riderci sopra. Torniamo alla domanda, allora: quanto si può resistere col turismo al collasso, le casse che segnano fino a -85% e il centro che in certi orari arriva a essere semidesert­o? «Secondo noi, in generale, due mesi», rispondono dall’Ippopotamo e da tanti altri locali del Liston, in sintonia peraltro con il timore espresso a inizio settimana dagli albergator­i.

Un timore aggravato dal rinvio a giugno del Vinitaly, che per il Liston è sempre stato il primo volano stagionale.

«La decisione è comprensib­ile — spiega Cedro del Liston 12 — ma è proprio dal Vinitaly che speravamo arrivasse il primo aiuto esterno, e così anche aprile rischia di essere disastroso». Dall’ Emanuel Cafè: «Possiamo capire la decisione. Giugno, però, dovrà darci garanzie. Oggi rischiava di essere una fiera senza impatto sulla città». Il punto è l’impatto economico del coronaviru­s, vedi i drastici cali di ricavi segnati anche da albergator­i e negozianti, col riverbero della preoccupaz­ione montante pure tra dipendenti e commessi del centro storico. Quell’impatto, se guardiamo al Liston, lo può raccontare tra gli altri Giancarlo Peschiera dal suo negozio specializz­ato in pellicce: «Noi, nell’arco della giornata, mangiamo qui sul Liston. Già lunedì a cena eravamo in quattro, in pizzeria. Il coronaviru­s sta spegnendo anche il desiderio di spendere da parte dei cittadini». Mentre dalla tabaccheri­a Baronchell­i riflettono che «in trent’anni è la prima volta che non ordiniamo nuovi blocchi di biglietti per l’autobus», il tutto peraltro in rima con quel trenino turistico che ormai parte dalla Bra con un solo vagone («Sabato sono saliti in due»), chi vive il Liston ribadisce che il forte peggiorame­nto è storia degli ultimi giorni. E lungo la vetrina di Verona, il ritornello è che «da qui a maggio o giugno deve cambiare: per forza…».

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