«Falsi certificati in cambio di regali»
Medici, finanzieri, funzionari Inps: il pm chiede il processo per sette persone
Quando prese il via, nell’agosto del 2018, doveva essere un’inchiesta contro caporalato e lavoro nero. Ma nel corso delle successive indagini, secondo Fiamme Gialle e Procura, sarebbe emerso un intreccio di regali e favori, mazzette e certificati falsi, truffe e corruzione. Una presunta rete illegale che vedrebbe coinvolti due medici,altrettanti funzionari dell’Inps,un militare della Finanza, due privati che avrebbero avuto un ruolo di intermediazione.
Quando prese il via, nell’agosto del 2018, doveva essere un’inchiesta contro caporalato e lavoro nero.Ma nel corso delle successive indagini, secondo Fiamme Gialle e Procura, sarebbe emerso un intreccio di regali e favori, mazzette e certificati falsi, truffe e corruzione. Una presunta rete illegale che vedrebbe coinvolti due medici,altrettanti funzionari dell’Inps,un finanziere, due privati che avrebbero avuto un ruolo di intermediazione.
Sette persone nei cui confronti il pm Beatrice Zanotti ha chiesto il processo facendole finire davanti al giudice Luciano Gorra che tuttavia, «viste le disposizioni emanate dal presidente del Tribunale per il contenimento del coronavirus», ha disposto l’immediato rinvio dell’udienza preliminare a ottobre in quanto si tratta di «un procedimento con molti imputati la cui celebrazione avrebbe comportato un notevole assembramento di persone».Slitta al prossimo autunno,dunque, la discussione sui rinvii a giudizio chiesti dalla Procura per i 7 accusati che devono difendersi, a vario titolo e con diversi gradi di responsabilità, di reati che spaziano dal falso alla corruzione, dalla truffa al favoche reggiamento: parti offese nella vicenda risultano Regione Veneto e Inps che, almeno per ora, non si sono costituiti parte civile. A rischiare il processo, ci sono innanzitutto il medico di base Alfio Lanzafame e il collega Giuseppe Ridulfo: quest’ultimo, fisiatra in servizio all’Usl 9, due volte al mese in concorso con Lanzafame avrebbe «formato almeno venti certificati ideologicamente falsi, in quanto il paziente non veniva affatto visitato presso la struttura pubblica e non sussistevano le patologie indicate». Presunti atti illeciti con cui, stando al capo d’imputazione, avrebbero truffato Inps e Usl 9 «conseguendo ingiusti profitti». Nei guai c’è anche il luogotenente della Finanza Antonino Reina, «in corso con il dottor Lanzafame» avrebbe «formato certificati di malattia falsi a proprio favore». Sotto accusa, inoltre, figurano Paolo Sabaini e Antonio Bova «quali rispettivamente dipendente e funzionario della sede Inps di Verona» in concorso con Pierluigi Menegazzi e Teresa Bova: secondo la tesi del pm, Sabaini e Bova «ricevevano per sé denaro e altre utilità per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio», in particolare avrebbero ottenuto «attraverso Bari e Menegazzi (i due presunti intermediari, ndr) dal dottor Lanzafame, che a sua volta li raccoglieva dai vari pazienti che a lui si rivolgevamo, denaro e altre utilità (150-200 euro a pratica) per accelerare i tempi di chiusura delle pratiche di concessione della pensione di invalidità ovvero dell’indennità di accompagnamento e di liquidazione delle medesime». Presunte corsie «preferenziali» in cambio non solo di denaro ma, per l’accusa, anche di vino e altri doni: come quando, tra il 29 e il 31 maggio 2018, uno dei beneficiari si sarebbe «adoperato per recapitare alla moglie di Sabaini una cassa di ciliegie e ulteriori regalìe».
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