Chievo, quale futuro per il tridente di Aglietti?
Il nuovo allenatore va all’attacco e cambia il modulo. Staffetta tra Djordjevic e Meggiorini
La notizia è il tridente. La domanda: è un modulo sostenibile da questo Chievo? Ad Ascoli, nel suo debutto, dentro un pareggio figlio dell’equa spartizione del match — primo tempo gialloblù, ripresa bianconera — Aglietti ha tagliato il trequartista, correggendo il modulo più frequentato dal Chievo negli ultimi dieci anni, il 4-3-1-2, in un 4-3-3: Giaccherini e Vignato larghi, Djordjevic boa. Squadra offensiva e baricentro alto per comprimere l’avversario recuperando palla più avanti. Una politica, a undici gare dal termine, nono posto a -1 dai playoff, che riflette l’orientamento di giocarsi il tutto per tutto per la promozione. Problema: il Chievo segna poco. E così, al Del Duca, il mancato colpo del knockout — storia nota — è stato pagato nella ripresa, sottoforma del pari di
Ninkovic e dei salvataggi di Semper su Trotta. Segna poco, già, il Chievo, dodicesimo attacco di B, 32 reti di cui 28 su azione: 12 partite con un gol all’attivo, 9 partite con due gol, 6 senza segnarne e un fulmine isolato, la quaterna di
Livorno. Così è difficile imporsi, o sfruttare l’inerzia che il tridente propizia, e del resto il record di 11 pareggi stagionali, condiviso col Venezia, nasce anche da quel difetto di fabbrica. Lo stesso Aglietti, due sere fa, ad Ascoli, sottolineava come i suoi sarebbero potuti andare all’intervallo almeno sul due a zero. Avendo la terza miglior difesa (-27), il Chievo può anche provare ad aumentare lo slancio anteriore. Ma il tridente comporta spese nel contenimento. Specie per gli esterni, vedi il chiavistello Giaccherini, 35 anni fra due mesi, su cui ballava il rischio-usura già un anno fa quando fu D’Anna, in A, a tentare la via del trio là davanti. Diventa fondamentale poi, col 4-3-3, anche il filtro del centrocampo. E lì, pesata la difficoltà di chiedere ai muscoli di Obi una costanza sui 90 minuti, s’intuisce quanto conti la sostanza di Di Noia, rientrato proprio ad Ascoli dopo tre mesi out e guarda caso citato da Aglietti come un tassello prezioso per la categoria. Infine, l’aspetto degli interpreti. Il varo del tridente ha sacrificato Meggiorini, bomber con 7 reti (due su rigore) e storico agitatore del pressing. Fino a ieri una pedina irrinunciabile, l’attaccante veronese, entrato al Del Duca per Djordjevic a 20’ dal gong. Da un lato, un Meggiorini ch’è pedina stabile dallo scacchiere da sei anni. Dall’altro un Djordjevic che, tra infortuni e opacità, ha preso a incidere solo tra i cadetti, facendosi male a Livorno all’andata nel suo momento migliore e tornando sul tabellino l’altra sera, quinto graffio stagionale, a 157 giorni dall’ultima volta. La scelta, ad Ascoli, è stata quella: prima Djordjevic, poi Meggiorini. Toccherà all’incrocio col Cosenza, lunedì sera, in un Bentegodi a porte chiuse, dire qualcosa in più sulla linea che intende percorrere Aglietti.