Finco: «Questa è una guerra» Carraro: «Ora restiamo uniti»
Dopo lo choc e lo smarrimento di domenica, che hanno portato Assindustria ad attaccare il governo, l’economia prova a reagire. Calzedonia chiude tutti i negozi
Secondo Massimo Finco, già numero uno di Assindustria Padova-Treviso, «qui siamo in guerra, e le guerre economiche, alla lunga, possono fare più vittime di quelle sanitarie». Enrico Carraro, presidente di Confindustria: «Stiamo uniti, non è il momento della critica». Le imprese provano a reagire.
Passata la domenica più surreale e angosciante che le imprese del Veneto ricordassero dai tempi della crisi petrolifera degli anni Settanta, il lunedì ha portato con sé qualche brandello di normalità: le aziende in larga parte sono aperte, i lavoratori - magari in smart working - lavorano, le merci circolano ancora: «Il blocco dei trasporti e della logistica avrebbe determinato il black out dell’Italia - sottolinea l’associazione dei trasportatori Anita -, per fortuna sono intervenute le indicazioni fornite dal capo della Protezione civile nel comunicato del ministro dell’Interno Lamorgese a chiarire ogni dubbio normativo in proposito».
Il punto nevralgico era esattamente questo: chiarire. Un verbo che latitava drammaticamente, domenica, nei contenuti del decreto approvato nottetempo dal governo. Per questo, ribadiscono da Treviso e Padova, persino i confindustriali sono diventati barricaderi, reclamando le dimissioni del governo Conte nelle dichiarazioni della presidente di Assindustria, Maria Cristina Piovesana: «Abbiamo semplicemente dato voce - ha ribadito ieri Piovesana - al sentiment di centinaia di associati, che domenica ci hanno chiamati ed erano smarriti e increduli davanti al modo in cui il governo ha gestito l’emergenza. Siamo cittadini responsabili e abbiamo a cuore noi per primi la salute di tutti gli italiani, ma alcune cose andavano finalmente dette».
Massimo Finco, che di Assindustria è stato il primo presidente, va dritto al sodo: «Noi imprenditori siamo in guerra - scandisce - e chi ci guida deve capire che la guerra economica, alla lunga, può fare più vittime di quella sanitaria. Dal governo, dai nostri ambasciatori e consoli, dall’Ice (l’Istituto per il commercio con l’estero, ndr) ora mi aspetto una campagna battente di comunicazione per raccontare al mondo, con verità e orgoglio, che l’Italia è viva, non è un Paese infetto nè un Paese fermo, le fabbriche sono aperte e sono in grado di rispettare tutti gli impegni presi. Questo dev’essere il messaggio. In caso contrario, il danno per il Made in Italy sarà incommensurabile». Per essere ancora più diretto, Finco porta un esempio che lo riguarda personalmente: «Nei prossimi giorni avrò una trattativa negli Usa per una commessa da 10 milioni di euro. I miei concorrenti tedeschi saranno lì, seduti al tavolo, io invece dovrei convincere l’acquirente da remoto, in videoconferenza via Skype. Secondo voi, da chi comprerà alla fine il cliente americano?».
Per Enrico Carraro, presidente regionale di Confindustria, questo rimane prima di tutto il momento dell’unità di intenti e comportamenti: «L’iniziativa dei colleghi di Assindustria non era stata condivisa, invece oggi c’è bisogno di forte condivisione e unità. Un giorno, a tempo debito - aggiunge Carraro - valuteremo l’operato del governo, ma non ora: siamo davanti a un’emergenza sanitaria che potrebbe destabilizzare il Paese. Per questo faccio appello a tutti gli imprenditori: restiamo uniti e vicini, le valutazioni critiche ci sono però non è il momento adatto, questa è l’ora dell’unità». Aggiunge il numero uno degli industriali veneti, attingendo al capitolo di questi tempi assai scarno delle notizie positive: «Proprio oggi ci è stato comunicato che nel nostro stabilimento in Cina l’emergenza virus è terminata e l’attività è ripresa al cento per cento. Forse dovremmo prendere esempio conclude Carraro - da quello che è successo laggiù: si fa quello che si deve fare per combattere l’epidemia e poi si torna alla normalità».
Equilibrio e responsabilità sono le parole-chiave evocate anche da Agostino Bonomo, leader della Confartigianato regionale: «Noi ci mettiamo il nostro saper fare e la capacità di trovare costantemente soluzioni alle difficoltà. Ma le nostre imprese - sottolinea Bonomo - non possono essere lasciate sole di fronte all’incertezza. Le istituzioni devono intervenire con maggiore chiarezza».
Si torna, così, al tema essenziale: chiarire, per non far morire. Idee ben chiare, nel proprio settore, ha dimostrano di averle un colosso dell’abbigliamento intimo come Calzedonia: il gruppo veronese, che fattura oltre 2,3 miliardi di euro, ha deciso che, per ridurre al minino le occasioni di contagio, tutti i suoi negozi ricompresi nei territori delle «zone rosse» resteranno chiusi. E per tutti si intendono non soltanto quelli a marchio Calzedonia, ma anche Intimissimi, Intimissimi Uomo, Tezenis, Falconeri, Signorvino, Atelier Emé e gli outlet. Sandro Veronesi, presidente del gruppo, non ha dubbi: «Poiché non vendiamo articoli di primaria necessità, ci è sembrato giusto cercare di fare quanto in nostro potere, per tutelare al massimo la salute dei nostri clienti e dei nostri dipendenti».
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