Fantoni, il sogno olimpico adesso è a rischio
Il 29enne veronese, numero uno della Bmx azzurra, tra allenamenti solitari e speranze
Se un drone lo riprendesse dall’alto, sulla pista deserta della Spianà si vedrebbe solo un puntino. Il puntino è Giacomo Fantoni. Ha 29 anni ed è il numero uno nel ranking italiano, e il 45esimo al mondo, nella Bmx.
E vive un misto di «tristezza e giramento di scatole». Parola-chiave? Tokyo 2020. «Sono almeno otto anni che sogno i Giochi e ora che ci sono molto vicino, che mi sento finalmente in grado di qualificarmi, magari andandoci a lottare per una finale…». Ora è emergenza-coronavirus. «Sono atleta d’interesse olimpico, per decreto mi posso allenare completamente da solo, tutelato e sotto controllo. Il Team Bmx mi ha messo a disposizione una piccola palestra. Si va avanti. Ma è chiaro che il pensiero corre ai Giochi e, da quando è stata proclamata la pandemia, al dubbio che li cancellino». Era il 2008 e Fantoni, nato a Zevio, residente in Borgo Venezia, entrava nel giro della Nazionale. Casa-base, il Team Bmx Verona e dal 2013 l’Olympic Bmx Arena alla Spianà, due passi dal Bentegodi, un gioiello tirato su insieme ai volontari, oggi teatro di competizioni internazionali.
«Ho iniziato che avevo sei anni», racconta Fantoni. L’escalation di questo studente di Scienze Motorie racconta del titolo di campione italiano 2018 e 2019, roba da passaggio di testimone con Manuel De Vecchi, altro veronese, ultimo italiano della Bmx ai Giochi, Pechino 2008 e Londra 2012. Segue il filo, Fantoni: «Con Manuel ci ho corso assieme per anni. Un esempio. Anche perché per un italiano non è facile fare la Bmx. Siamo l’unico Paese dove gli atleti di questo sport non sono stipendiati, sebbene vadano ringraziate Federazione e Coni che riescono a pagarci le trasferte. Di fatto il lavoro è tutto sulle nostre spalle. Io per mantenermi alleno i ragazzi, cui in questi giorni ho dato esercizi da svolgere a casa». La Bmx in poche parole? «Praticamente siamo pesisti dentro un corpo da sprinter con la resistenza di un ciclista», risponde Fantoni, rimarcando che «di noi si parla poco ma pratichiamo uno degli sport più faticosi, col corpo intero sottoposto a sforzi enormi».
Lo sforzo di allenarsi ai tempi del coronavirus non sta solo nella solitudine ma nell’incapacità di fare programmi, stilare tabelle. Il domani è un’improvvisazione continua basata sull’evolversi dell’emergenza. «Provo a spiegarvi la situazione — dice Fantoni — a oggi con l’Italia giriamo a soli 7 punti dal dodicesimo posto, l’ultimo valido per il pass olimpico, e se la Russia dovesse scalare indietro per il caso-doping saremmo già dentro. Le qualifiche per Tokyo finiscono il 31 maggio e fino ad allora sarei stato pieno di gare fra tappe di Coppa del Mondo e Coppa Europa: Inghilterra, Belgio, Olanda, Francia, poi si doveva partire per il South Carolina, negli Usa». La federazione internazionale che dice? «Le gare di fine marzo sono già state annullate. Tutto è in standby perché ogni giorno cambiano le misure adottate dai vari Paesi per contenere il virus. Per adesso non ci sono altre cancellazioni ma è tutto in divenire».
Casco, bici e wi-fi per leggere le notizie. «Per forza. Io credo che la scelta più ovvia sia spostare le Olimpiadi di un anno. E per me finiranno per posticipare». E se succede? «Se succede — riflette Fantoni — dovrò posticipare il sogno pure io».