Dormitori aperti anche di giorno
Alcuni di loro hanno una residenza. Quella in via Olimpio Vianello, il nome all’anagrafe di quel «Crea» che chiedeva l’elemosina in centro e venne ammazzato «per noia». Porta il suo nome la strada assolutamente virtuale dove abitano i senzatetto veronesi. Quelli «censiti», che hanno una via ma non una casa. Quelli che non hanno neanche quella via. Gli «invisibili» di una città, che in tempi di coronavirus e decreti, invisibili lo devono diventare per forza. Gli ha requisito l’unica casa che conoscono, il Covid 19. La strada. Perché essere senzatetto non vuol dire essere senza legge.
E allora un tetto lo si crea. Lo stanno facendo i Servizi Sociali del Comune. Lo stanno facendo gli enti e le associazioni che li seguono. Perché il virus ha cambiato molte cose, ma non il loro peregrinare. E allora in questi giorni nei vari dormitori cittadini che mettono a disposizione 250 posti letto - a cui se ne aggiungeranno altri dedicati ai residenti di via Vianello - la routine è alquanto cambiata.
Già, perché quelli che sarebbero «asili notturni» - in via Molise, al Camploy, in via Spagnolo, al Nassar, a Casa Bertoni e al Samaritano - si stanno trasformando in «asili diurni». E quelle porte che di solito si chiudevano alle spalle dei senzatetto alla mattina presto, adesso restano aperte. E loro, i clochard, possono avere quel luogo chiuso in cui stare previsto dal decreto emergenziale. Grazie alla presenza degli educatori, poi, viene offerto anche un servizio di mensa, per fare in modo che non si affollino quelle «storiche» dedicate a loro.
È stata potenziata anche l’unità di strada che li contatta regolarmente e li informa sulle nuove disposizioni, contattando - in caso di necessità - il 118. Operatori e agenti della polizia locale li avvicinano spiegando le regole della distanza di sicurezza e ricordando quel numero verde del Comune, l’800 644 494 pronto a fornire tutte le informazioni relative a provvedimenti e decreti in vigore.
Ai tempi di coronavirus alcune mense si sono attrezzate fornendo dei sacchetti con cibi preconfezionati. «E così spiega Antonio Aldrighetti, presidente della Ronda della Carità - praticamente l’unico baluardo per una pastasciutta calda la sera o una coperta siamo rimasti noi». I volontari di quella Ronda che per 5 giorni hanno dovuto sospendere il servizio, nell’attesa che qualcuno dirimesse se i loro furgoni possono girare per la città prestando assistenza.
Sono fermi da 5 giorni, quei dispensatori di cibo e di calore umano. E anche ieri, fino a sera, sono stati ad aspettare che qualcuno gli dicesse se potevano muoversi sulle strade. «Abbiamo provato a dare comunque un minimo di assistenza - continua Aldrighetti - ms così è delirante. E se escono i volontari rischiano di essere denunciati». Eppure loro, i senzatetto, li continuano a chiamare. «Ci telefonano e ci chiedono perché non passiamo, che non hanno nessun altro che gli dà da mangiare». Perché la povertà rimane. Non cambia, neanche in tempi di coronavirus. Così come la solidarietà, bloccata dai decreti ma non dagli intenti.
I volontari La Ronda della Carità ferma da lunedì, «ma i clochard ci chiamano e ci chiedono perché non passiamo»