Truffa in banca, sotto inchiesta il vicedirettore
Carte false per frodare società finanziaria: 16 finora i denunciati
Dirigente bancario denunciato perché in concorso con una quindicina di clienti avrebbe ideato un sistema di frodi per far ottenere loro dei prestiti, alterando le carte sulla loro reale situazione economica.
Sembra un paradosso: proprio adesso che le banche si trovano nel ciclone delle polemiche per le difficoltà con cui concedono un prestito agli imprenditori vessati dalle chiusure forzate per il coronavirus, a Verona un dirigente bancario viene denunciato perché in concorso con una quindicina di clienti avrebbe ideato un sistema di frodi per far ottenere loro dei prestiti, alterando le carte sulla loro reale situazione economica. Il tutto, stando alle accuse ipotizzate dal pm Stefano Aresu, in cambio di una percentuale sulla liquidità erogata ai clienti suoi complici da una società finanziaria. È stata quest’ultima, grazie a una serie di accertamenti interni, a scoprire la rete di inganni di cui stava facendo le spese: da lì, era scattata la segnalazione alle Fiamme gialle che nel corso delle indagini hanno ricostruito passaggio per passaggio il raggiro. Il quadro al momento si è chiuso con 16 denunce, ma non è escluso che se ne possano aggiungere di ulteriori.
Con l’emergenza economica scaturita dal coronavirus, in questi giorni si punta il dito contro gli istituti di credito che, prima di prestare liquidità a un imprenditore in difficoltà, chiederebbero dai 15 ai 20 documenti. Un dedalo burocratico che sta scoraggiando molti, troppi, a rivolgersi alle banche per superare le criticità finanziarie legate al Covid. Ma se questa è l’attuallità, nell’indagine della Finanza le cose sarebbero andate all’inverso.In questo caso, infatti, il vice direttore di una banca della provincia è sospettato di aver architettato una truffa istruendo più di 40 pratiche di finanziamento a favore di propri clienti, per un importo corrispondente di circa 600 mila euro, dei quali oltre 370 mila interamente erogati. Dai controlli delle Fiamme gialle è emerso che a oltre la metà delle pratiche sarebbero stati allegati buste paga e modelli di dichiarazione dei redditi che il vice-direttore di banca avrebbe alterato e/o contraffatto, così da nascondere la reale condizione economica dei richiedenti che, se fosse stata nota alla finanziaria, avrebbe indotto la stessa a respingere la relativa istanza per carenza di adeguate garanzie. Come il caso di un titolare di bar/pizzeria, beneficiario di un finanziamento di 32 mila euro, che avrebbe prodotto una falsa dichiarazione con redditi per oltre 152 mila euro, quando in realtà ne aveva dichiarato poco più di 11 mila; oppure quello di un lavoratore autonomo, che ha accluso alla pratica di finanziamento di 33 mila euro una dichiarazione dei redditi per l’anno 2017 di oltre 47 mila euro sebbene nella realtà non la presentasse dal 2012. I militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria avrebbero anche accertato che molte delle buste paga fornite a corredo da vari richiedenti erano tra loro identiche, variando nella sola parte dei dati anagrafici, o presentavano incongruenze sul datore di lavoro, riportato con medesima denominazione ma codici fiscali differenti. Ma da tali raggiri cos’avrebbe guadagnato il dirigente bancario? È presto detto: i destinatari dei prestiti gli avrebbero riconosciuto, a titolo di ricompensa per il buon esito delle istruttorie, somme corrispondenti al 10% del finanziamento ottenuto, con punte che variavano da mille a un massimo di 3 mila euro, per un totale complessivo che si sospetta essere superiore a 30 mila euro.