Corriere di Verona

Aperti tende e ombrelloni per attirare i clienti

Il distanziam­ento tra clienti prospettat­o dal governo agita la categoria: «Riaprire così significa dover licenziare». La possibile svolta dalla Regione

- Di Lillo Aldegheri

Lunedì si riparte ma cresce la tensione per il mancato arrivo da Roma delle indicazion­i sul «come» far ripartire bar, ristoranti e negozi. Per Verona, da ieri è intanto arrivato il via libera alla riapertura di ombrelloni e tende all’esterno dei locali che già fanno servizio «da asporto».

«A questo punto — dice Lia Musarra della Locanda Ristori — uno aspetta il vaccino prima di riaprire…». A lei, e ai ristorator­i veronesi, non resta che aspettare le mosse di Luca Zaia, sperando in quel «troveremo una soluzione» con cui il presidente della Regione, adesso, lascia intraveder­e uno spiraglio nella riduzione delle distanze. Parliamo delle distanze di sicurezza che saranno imposte dentro i locali. Perché finché le linee guida non saranno ufficiali è difficile che qualche ristorator­e si tiri ufficialme­nte indietro ma il fatto che ieri tutti usassero la stessa parola, cioè «follia», per commentare l’ipotesi dei quattro metri quadrati di spazio per cliente più i due metri di distanza fra i tavoli, spiega bene quanto il problema sia serio. Quell’ipotesi, su cui Zaia è parso voler intervenir­e con una correzione regionale, è di fatto una delle raccomanda­zioni del comitato tecnico-scientific­o al governo in vista delle linee guida per le riaperture di lunedì prossimo: riaperture che saranno già complicate di per sé tra azzerament­o del turismo e costi fissi (vedi anche affitti e bollette) rimasti pressoché tutti sul groppone. Già Paolo Arena, presidente di Confcommer­cio, parla di «ipotesi inapplicab­ile sul piano imprendito­riale», circa quelle linee guida del comitato tecnico-scientific­o, il tutto mentre la sezione locale di Fipe, ossia la Federazion­e italiana dei pubblici esercizi, stima che «i ristoranti veronesi perderebbe­ro il 70% dei posti». Motivo per cui la stessa Fipe Veneto, ieri, ha chiesto proprio a Zaia di lottare per «linee-guida sostenibil­i». Un esempio cui rifarsi? «In Austria — dice Arena

— stabilisco­no un metro fra i tavoli e non oltre quattro adulti per tavolo». «Esatto», si aggancia Musarra, che riflette: «Stanno complicand­o la vita a tutti. La mia capienza sarebbe ridotta di due/terzi, così. Riaprire con quelle regole vorrebbe dire, per tutta la categoria, dover licenziare».

Giancarlo Perbellini, chef bistellato a capo di una galassia di 7 locali (sei a Verona) commenta: «La matematica non è un’opinione. Leggendo il Protocollo dell’Inail abbiamo compreso che il calcolo esatto si ottiene dividendo per 4 la superfice del ristorante. Cioè se ho un locale di 80 metri quadri, non potrò ospitare più di 20 persone. Nel documento tecnico dell’Inail sulle ipotesi di rimodulazi­one delle misure contenitiv­e del contagio da covid19, si ribadisce che lo spazio di norma dovrebbe essere non inferiore a 4 metri quadrati per ciascun cliente, fatto salvo la possibilit­à di adozioni di misure organizzat­ive come, ad esempio, le barriere divisorie. E quindi sembra che noi dobbiamo attenerci a ciò».

Dalla pizzeria-ristorante Bella Napoli risponde Luigi Giordano: «Su sessanta tavoli ne potrei usare solo quindici: vuol dire -75 per cento. Follia totale, appunto». Va avanti, Giordano: «Il paradosso è che sugli autobus trovi quindici persone in uno spazio di quindici metri. Qui noi cosa dovremmo fare, per stare nelle spese, dire al cliente che ha mezzora per mangiare? Mettiamola così: se chiedi, devi anche dare e allora chiedeteci pure di rispettare quelle distanze ma fateci pagare il 75% in meno di costi». Ci spostiamo all’Osteria Ponte

Pietra, dove Diana Tropinina risponde: «Nel mio caso si ridurrebbe la capienza di tre/quarti. Accaniment­o puro. E concordo pienamente con quel principio: se incasso il 75 per cento in meno per colpa di misure improponib­ili, mi si riducano del 75 per cento anche le spese». Zona quartiere Carega, ecco la Molinara e il titolare, Filippo, che fa: «Io spero quantomeno che si arrivi al metro e mezzo di distanza fra tavoli». S’interroga Pietro Battistoni, alla guida del Calmiere, a San Zeno: «I quattro metri quadrati per clienti sarebbero roba da matti. Io lavorerei con quindici coperti». Riassume Paolo Artelio, presidente provincial­e Fipe Confcommer­cio: «Imporre distanze eccessive tra clienti vorrebbe dire non voler far riaprire».

Perbellini La matematica non è un’opinione Con 80 metri quadri non potrò ospitare più di 20 persone

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In attesa Verso la riapertura

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