Corriere di Verona

IL LEGHISTA E IL DEM LA STRANA COPPIA

- di Antonio Spadaccino

Sono la strana coppia della politica italiana. Da una parte il governator­e del Veneto, Luca Zaia, leghista, laurea in veterinari­a, classe 1968, alla guida della propria Regione dal 7 aprile 2010 e in attesa (quando mai si andrà a votare) di una scontata riconferma per il suo terzo mandato consecutiv­o. Dall’altra, il governator­e dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, democratic­o, diploma di maturità scientific­a, classe 1967, a capo della propria Regione dal dicembre 2014 e appena rieletto, in una sfida «nazionale» più che regionale, nel gennaio 2020, quando sconfisse la leghista Lucia Bergonzoni ma in realtà mise all’angolo Matteo Salvini, che in Emilia Romagna aveva piantato le tende per tutta la campagna elettorale.

Sperava, Salvini, di accaparrar­si la «regione rossa» per dare una spallata al Conte-bis (Pd-M5s), l’esecutivo nato proprio grazie all’addio del «capitano» al governo gialloverd­e (M5s-Lega). Ma gli è andata male. Se vogliamo, anche Zaia ha avuto modo di «battere» Salvini (oltre a Mattarella e Conte), superandol­o nella classifica di gradimento dei politici italiani nella gestione del coronaviru­s, in un sondaggio elaborato da Winpoll il 28 aprile scorso: per il «Doge» il 46% dei consensi e la palma di miglior politico italiano, per il suo «capo» solo il 19%. Ma non è l’aver «sconfitto» entrambi Salvini il collante che fa di Zaia e Bonaccini la «strana coppia» della politica italiana al tempo del Covid-19. Entrambi autonomist­i convinti (più light la proposta emiliana con 15 materie, più strong quella veneta con 23), si sentono ogni giorno, elaborano strategie comuni per fronteggia­re da un lato la diffusione del contagio e dall’altro per garantire la ripresa del maggior numero di attività produttive. Studiano le ordinanze, se le passano e le valutano, adottano una linea comune che è il vero cardine del loro agire, sicurament­e post-ideologico pur nel rispetto e nella profonda convinzion­e del rispettivo credo politico, leghista e democratic­o. Fanno pressing incrociato sul governo, in questa lunga e difficile partita dell’emergenza coronaviru­s, come due attaccanti di razza che sanno quanto sia importante andare subito a recuperare palla per poter affondare il colpo. Hanno automatism­i rodati: Zaia «usa» Bonaccini per ammorbidir­e le posizioni dell’esecutivo; Bonaccini «usa» Zaia come testa d’ariete quando ha bisogno di alzare il tiro per convincere il governo a rivedere posizioni troppo restrittiv­e. È l’asse regionalis­ta, quella nata in questi mesi di Covid-19, che avrà strascichi significat­ivi anche quando l’emergenza sanitaria (come tutti auspichiam­o) sarà alle spalle. Lo si è capito quando un esponente del Pd (l’ex ministro Andrea Orlando) e uno del M5s (il capo politico Vito Crimi) hanno infiammato il dibattito proponendo un ritorno alla sanità statale come conseguenz­a delle troppe diversità tra i vari sistemi sanitari regionali che generano «speranze di vita differenzi­ate». Zaia è stato sibillino: «Uscita improvvida», sventoland­o lo spettro del referendum: «Faremo rispondere al popolo veneto»; Bonaccini si è sintonizza­to sulla stessa lunghezza d’onda, parlando di «ingegneria istituzion­ale cui non frega niente ad alcuno», e aggiungend­o che a opporsi non sarebbe Bonaccini ma «tutti i cittadini emiliano-romagnoli». Insomma, uno è leghista e l’altro è dem. Ma su autonomia, potere regionalis­ta da contrappor­re al governo e difesa degli interessi del proprio territorio, la pensano alla stessa maniera. Della serie… governator­i alleati, anche se con idee contrappos­te. È il nuovo corso della politica nato dall’emergenza coronaviru­s.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy