A Verona cinquemila casi e oltre cinquecento morti
Sono 17 i nuovi contagi emersi, in leggero aumento Anche ieri dieci morti, di cui sette nelle case di riposo. Ma l’epidemia è in forte rallentamento
Il Covid a Verona sfiora quota cinquemila contagiati e sfonda il tetto dei cinquecento decessi. Il triste traguardo non è solo una questione di numeri tondi e di soglie psicologiche, ma fotografa, a distanza di due mesi e mezzo esatti dall’inizio della pandemia in provincia. Intanto ritorno alla normalità per l’ospedale-Covid di Villafranca: riapre la maternità.
Il Covid a Verona sfiora quota cinquemila contagiati e sfonda il tetto dei cinquecento decessi. Il triste traguardo non è solo una questione di numeri tondi e di soglie psicologiche, ma fotografa, a distanza di due mesi e mezzo esatti dall’inizio della pandemia in provincia, una situazione che è a metà strada, di fatto, tra l’area del Nord Est, colpita marginalmente dal virus e le province della Lombardia che, come Mantova, seppur non travolte dalla crisi sanitaria, hanno dei dati ben più pesanti. Con il bollettino diramato ieri alle 17, il cluster provinciale conta 4.997 casi e 505 decessi.
Nessuna altra provincia del Veneto ha numeri così rilevanti: è un dato noto da aprile, da quando, cioè, c’è stato il sorpasso veronese su Padova, Treviso e Venezia, le prime tre province dove il coronavirus si era manifestato in Veneto.
Dopo Verona, per quanto riguarda i decessi complessive di persone positive al SarsCov2, c’è la provincia di Treviso, che non arriva a 300 decessi (298) per la precisione. Vicenza conta 292 decessi, Padova, dove è scoppiato il noto focolaio di Vo’ e dove c’è stata la prima vittima di Covid in Italia 263. Ed è proprio la provincia euganea che, dopo Verona, conta il maggior numero di casi rilevati dai tamponi: 3.824, tutte le altre sono i sotto i tremila casi. L’onda lunga del Covid 19 si nota, in questi giorni, soprattutto nei decessi. Anche ieri sono stati dieci: è il dato che risente meno della tendenza al calo. Rimangono alte, soprattutto, le morti nelle strutture extraospedaliere come le case di riposo: ieri sette. Altri tre decessi sono avvenuti negli ospedali di Borgo Trento, Villafranca e Marzana. Anche
nei casi c’è stata una piccola impennata rispetto ai numeri (molto bassi) dell’ultima settimana: diciassette i contagi emersi ieri.
È sempre la statistica a sancire, però, un forte rallentamento nell’epidemia, un trend che si è consolidato da oltre un mese. Per avere gli «ultimi» mille casi, cioè per passare da quattromila a quasi cinquemila sono stati necessari 24, giorni, si deve quindi andare indietro fino al 20 aprile. Per passare da tremila a quattromila, però, erano bastate meno di due settimane, dodici giorni. Precedentemente,
nove giorni avevano fatto da spartiacque tra i mille e i duemila casi, così come tra i duemila e i tremila. Quest’ultimo dato è interessante, perché indica un «tempo di raddoppio» nella fase critica dell’epidemia, comunque inferiore a quello raggiunto in Lombardia, dove per lo stesso tasso di crescita bastavano due giorni. Quanto all’inizio, il primo caso accertato, a Verona, risale al primo marzo: solo al 22 del mese si sono raggiunti i mille.