Ripartiamo completando le infrastrutture e il polo metropolitano al centro del Veneto
Il Veneto delle fabbriche finalmen-te è ripartito, dopo otto settimane di lockdown. Con gli effetti di una crisi devastante che le imprese devono affrontare. L’agenda delle cose da fare è lunga e va da problemi di sopravvivenza (la liquidità che doveva arrivare subito alle imprese, a fondo perduto e non indebitandole) ad altri più strutturali (la burocrazia che uccide il Paese). Tra questi, un grande piano per le infrastrutture e la logistica, deci-sivo per la ripresa post Covid-19. Per continuare a far correre la nostra economia e riconnetterci in modo sostenibile ai flussi globali.
In questa prospettiva, il recente episodio dell’avvio della Fase 2 senza un solo treno ad alta velocità sulle direttrici cardine, da Venezia a MilanoTorino e Bologna-Roma, sa di danno e beffa. La dice lunga su un quarto di secolo di (parziale) inconcludenza riguardo un nodo decisivo per la competitività di quest’area; e anche sulla nostra debole capacità politica di incidere sulle scelte, per anni svigorita dalle divisioni. Scelte come gli otto anni (almeno) per l’alta velocità fino a Vicenza, il potenziamento della linea Venezia-Trieste, la Pedemon-tana, il collegamento diretto Porto di Venezia-Interporto Padova (ancora nelle nebbie) o il nodo Fs del capo-luogo euganeo. Dobbiamo prenderne atto e cambiare passo, dare prova di unità per essere credibili, avere forza negoziale, attrarre investimenti. Far sì che ai protocolli seguano gli atti.
Ma l’episodio del Freccia Rossa dice qualcosa in più, anche sul disegno del nuovo Triangolo industriale, che affianca al vertice storico della Lombardia i due nuovi di Veneto ed Emilia. Il disegno dà evidenza che al lato veneto manca proprio il vertice che lo completa. E pone la necessità di collegarlo in un sistema di reti e infrastrutture strategiche europee.
Se è vero che nelle crisi si creano le opportunità, ora abbiamo quella di invertire una tendenza che rischia di farci retrocedere a periferia. Da un lato un difetto decennale di rappresentanza, dall’altro, la necessità di costruire in Veneto quel polo urbano di rango metropolitano, capace di porsi come naturale vertice del «nuovo Triangolo», connesso con l’Europa e il mondo.
Può e deve essere l’occasione per ripensare l’organizzazione del nostro territorio, renderlo più efficiente ed attrattivo […]. Solo la scala metropolitana può portare a soluzioni efficaci e sostenibili. La metropolitana di superficie (Sfmr) ne è l’esempio (purtroppo, incompiuto). Un polo metropolitano nell’area centrale, non esclusivo e antagonista col resto del Veneto, ma inclusivo, aperto, nodo e magnete di un Veneto connesso. In grado di dare valore a tutta la regione e attrarre opportunità […]. A maggior ragione, nell’auspicata cornice istituzionale dell’autonomia differenziata.
Una discontinuità da praticare con urgenza, come evoluzione del policentrismo. Rassegnandosi allo status quo, gli investimenti non arrivano, le infrastrutture non si modernizzano, i giovani e i talenti se ne vanno, attratti dai nodi metropolitani.