Si apre e si tagliano i metri
Distanze tra tavoli e ombrelloni, intesa con Roma. Le tensioni con la Lombardia e il documento comune Ristoranti e spiagge, accordo tra le Regioni e il governo. Zaia oggi firma le ordinanze
stata raggiunta ieri sera l’intesa tra il governo e le Regioni sulle regole da seguire da lunedì, quando riapriranno negozi, bar, ristoranti, parrucchieri, estetiste, spiagge. Il governo, dopo una giornata di scontri, ha accolto le linee guida delle Regioni che di fatto riducono al principio di un metro i distanziamenti nei locali.
Quando i più avevano ormai perso ogni speranza, al termine di una giornata convulsa, un girotondo di videoconferenze, telefonate, riunioni tecniche e politiche, è stata raggiunta ieri sera l’intesa tra il governo e le Regioni sulle regole da seguire da lunedì, quando riapriranno negozi, centri commerciali, bar, ristoranti, parrucchieri, estetiste, spiagge, chiese e seconde case e si potrà tornare, con le dovute precauzioni, anche nei musei, nelle biblioteche, nelle gallerie d’arte e nei siti archeologici (questo stando alla lettera del decreto presentato dal governo, resta invece incerta la tempistica per palestre e piscine mentre è stata stralciata, per insanabili dissidi tra il ministero dell’Istruzione e quello della Famiglia e per le perplessità dei sindacati, la parte relativa ad asili, materne e centri estivi).
Grazie a quella che il premier Giuseppe Conte ha definito «una collaborazione portentosa» tra i diversi livelli dello Stato si è dunque stabilito di non applicare, se non in via residuale, le stringenti linee guida messe a punto dall’Inail, che avevano fatto gridare allo scandalo pressoché tutte le categorie coinvolte, bensì quelle scritte e condivise dalle Regioni, basate sul principio generale del distanziamento di un metro (al bar, tra i tavoli del ristorante o le poltrone del parrucchiere) e su regole assai meno invasive, come quelle su ombrelloni e lettini in spiaggia, che dovrebbero consentire agli operatori di partire con più serenità (le abbiamo riassunte per sommi capi, settore per settore, nella scheda qui accanto). Si tratta di uno «schema a tre punte» (decreto legge, Dpcm e ordinanze regionali) che consentirà ai governatori di introdurre, «misure derogatorie, ampliative o restrittive» rispetto a quelle nazionali, fermo restando il potere dello Stato di intervenire d’imperio nel caso in cui il monitoraggio dell’epidemia dovesse dare numeri preoccupanti. Anche i sindaci avranno un ruolo, potendo chiudere temporaneamente, ad esempio, le aree pubbliche in cui non sarà possibile garantire il rispetto della distanza di sicurezza. Per chi viola le regole sono previste sanzioni da 400 a 3 mila euro, con possibili chiusure degli esercizi commerciali «fino al ripristino delle condizioni di sicurezza».
Soddisfatto il governatore Luca Zaia: «Dopo una giornata di pressante e stressante lavoro, ne siamo venuti a capo. L’intesa ci permette di essere operativi e ci mette subito nelle condizioni di aprire da lunedì, provvederò alla firma delle ordinanze già oggi. Ora inizia la fase di convivenza con il virus, dobbiamo tenere alta la guardia». Superato anche il nodo delle responsabilità penali che Zaia temeva potessero ricadere sulla Regione in caso di contagio in attività in cui non sono applicare le regole Inail: «Sarà risolto con una nuova formulazione giuridica del decreto».
Un finale positivo, insomma, al termine di una giornata dominata dall’incertezza al punto che nel pomeriggio i commercianti, esasperati dai continui stop & go, erano sbottati col presidente regionale di Confcommercio, Patrizio Bertin: «Ciò che sta accadendo è inaccettabile e, per certi versi, offensivo, un sadico gioco della burocrazia per farci stare sulla graticola e dimostrare chi veramente gestisce il potere in questo Paese. Un delirio». A provocare lo stallo, infatti, era stato il protrarsi del braccio di ferro tra le Regioni, decise a rivendicare la propria autonomia, e il governo, preoccupato che una «Fase 2» a macchia di leopardo potesse generare il caos sul piano amministrativo e pregiudicare il contenimento dei contagi.
La svolta, sul piano politico, è arrivata attorno a mezzogiorno quando, nel bel mezzo della quotidiana conferenza stampa di Zaia, il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha rotto il fronte leghista del «regionalismo spinto», quello delle regole «sartoriali» diverse da territorio a territorio, per invocare invece linee guida «uguali per tutta Italia», subito spalleggiato dal presidente dell’Anci Antonio Decaro, sindaco di Bari, che ha avvisato: «Qui si rischia una Babele». Nonostante l’autonomista Zaia fosse in buona compa
gnia (sulle sue posizioni erano infatti pure Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna, Michele Emiliano della Puglia, Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia e il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola) a quel punto è stato chiaro a tutti che non si sarebbe più potuta perseguire la linea delle aperture differenziate ma ci si sarebbe dovuti mettere al lavoro per trovare una sintesi capace di consentire a tutti di dirsi vincitori, senza sconfitti. Di qui la sequela di interminabili riunioni protrattasi per tutto il pomeriggio, nel corso della quale presidenti, assessori e tecnici hanno elaborato il documento comune, mediazione tra le ferree regole Inail e le proposte più libertarie, come quella del Veneto. I governatori sono quindi tornati a bussare alla porta del premier Conte, del ministro degli Affari regionali Francesco Boccia e di quello della Sanità Roberto Speranza, con cui già si erano visti al mattino, chiedendo e ottenendo la riscrittura del decreto. A sera rimaneva ancora da sciogliere la questione degli «sconfinamenti»: per il governo sarebbero infatti vietati fino al 3 giugno mentre Zaia ha già chiuso accordi, limitatamente ai soli incontri tra famigliari, sia con la Provincia di Trento che con il Friuli Venezia Giulia.