Delitto Tommasoli, pena sospesa a Corsi
A 12 anni dalla morte di Nicola, la Corte d’appello dà l’ok: «Buona condotta decisiva»
A 12 anni esatti dall’aggressione mortale costata la vita al designer di Negrar Nicola Tommasoli, Guglielmo Corsi ottiene dalla Corte d’Appello di Venezia la sospensione della pena. I magistrati lagunari hanno accolto infatti l’istanza che era stata presentata in tal senso dall’avvocato Stefano Grolla: a garantire a Corsi il semaforo verde alla richiesta avanzata dal suo difensore, sono stati soprattutto il «pre-sofferto» in stato detentivo e la buona condotta.
A 12 anni esatti dall’aggressione mortale costata la vita a Nicola Tommasoli, Guglielmo Corsi ottiene dalla Corte d’Appello di Venezia la sospensione della pena. I magistrati lagunari hanno accolto infatti l’istanza che era stata presentata in tal senso dall’avvocato Stefano Grolla: a garantire a Corsi il semaforo verde alla richiesta avanzata dal suo difensore, sono stati soprattutto il «pre-sofferto» in stato detentivo e la buona condotta.
Condannato al pari di altri quattro imputati per l’omicidio preterintenzionale in Corticella Leoni del 29enne designer di Negrar, Corsi è ora in attesa della fissazione davanti al Tribunale di Sorveglianza di Verona dell’udienza per ottenere l’affidamento in prova: un passaggio imprescindibile, questo, prima di riacquistare la piena libertà. Non sono ancora finiti, dunque, gli strascichi giudiziari del caso Tommasoli: 12 anni tra indagini, processi fatti e ripetuti, sentenze pronunciate ma poi annullate, udienze rinviate, colpi di scena improvvisi e spiazzanti. Secondo gli avvocati dei genitori della vittima, «un’attesa, un’agonia lunga, troppo lunga prima di vedere fatta giustizia per loro figlio Nicola», il designer di Negrar rimasto vittima a soli 29 anni - era il primo maggio del 2008 - dell’aggressione mortale in Corticella Leoni a causa di una sigaretta negata. L’ultimo atto, si è celebrato lo scorso ottobre in Cassazione: gli Ermellini hanno respinto le impugnazioni di Corsi e Andrea Vesentini, rendendo di fatto definitive e non più appellabili le condanne per omicidio preterintenzionale stabilite a loro carico a ottobre del 2017 nel processo d’appello ter a Venezia.Una decisione, quella assunta in Cassazione, che prevedeva per entrambi da scontare un residuo di pena che, tenendo conto del tempo già trascorso in cella e ai domiciliari, si attestava all’incirca sui 4 anni. Un esito, quello uscito dalla Suprema Corte, bollato alla stregua di «viziato e ingiusto» dall’avvocato Grolla. «Ci riserviamo di portare il caso davanti alla Corte di giustizia europea. Non dimentichiamo -evidenziò «a caldo» il legale dopo il verdetto - che per Corsi lo stesso procuratore generale, ovvero il rappresentante dell’accusa, aveva chiesto l’assoluzione al terzo processo d’appello ». Invece, con una decisione che spiazzò tutti, Corsi e Vesentini vennero condannati a quei 6 anni e 8 mesi divenuti definitivi in Cassazione. «Come si fa a condannare Corsi che non ha colpito la vittima né ha partecipato all’aggressione? Non va dimenticato inoltre che in appello c’era stata una sentenza di condanna viziata da un evidente vizio logico-giuridico. Una simile e palese ingiustizia non può restare impunita».