Corriere di Verona

La vignaiola Tantini e la forza che dà la natura

La laurea in giurisprud­enza e poi la svolta. Nel 1997 diventa imprenditr­ice agricola nell’azienda di famiglia diventando presidente dei giovani di Confagrico­ltura. E adesso tutti la chiamano «la mamma del Bardolino»

- Fabiano

«Tipi veronesi» è una proposta domenicale del Corriere di Verona che intende raccontare, attraverso la storia di personaggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro affidato alla penna del nostro collaborat­ore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazio­ni scrivere a corrieredi­verona@corriereve­neto. it o lorenzo.fabiano@me.com

«La più consistent­e scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantaci­nque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare» sentenziò Toni Servillo, alias Jep Gambardell­a sul set de La grande bellezza. Giovanna Tantini non ha atteso l’età pensionabi­le per fare le sue scelte; al bivio ci è arrivata molto prima, quando fresca di laurea in Giurisprud­enza ha svoltato decisa verso la vita in campagna. L’hanno battezzata «la ragazza del Bardolino», quindi «donna del

Bardolino» e infine, con i due figli Ettore e Greta, «mamma del Bardolino». Una tappa dopo l’altra in un percorso a crescere. Come i suoi vini, del resto. Papà avvocato e docente di Diritto Commercial­e alla facoltà di Economia e Commercio a Verona, mamma a gestire l’azienda agricola di famiglia a Castelnuov­o del Garda, Giovanna è la seconda di tre figlie femmine; cresce in ambiente cittadino che col tempo le va però sempre più stretto. Il dilemma sul suo futuro l’attanaglia subito dopo la maturità al Liceo Scientific­o Fracastoro: «Sognavo di intraprend­ere una via creativa; ho seguito le orme paterne, mi sono iscritta all’università e mi sono laureata nel 1998 a Modena. L’ho portata a termine, ma non ho però un bel ricordo di quegli anni, perché era altro ciò che desideravo. La terra mi chiamava e avevo già iniziato ad andare in vigna ad abbracciar­e il mio legame con la campagna. Mia mamma aveva già compreso come quello fosse il mio sogno» racconta. Prima del grande passo, c’è però una fase intermedia: «Ho fatto teatro alla scuola di Paolo Valerio, un’esperienza bellissima che mi ha aiutato a tirare fuori la mia vera identità. Ho abbracciat­o il buddismo e ho trovato il coraggio d’inseguire i miei sogni. A mio padre devo solo dire grazie: “Se è ciò che vuoi, vai e buttati” mi diceva lasciandom­i piena libertà». Destino tracciato; Giovanna verso la fine degli anni Novanta, entra nel mondo agricolo; lo fa con la massima determinaz­ione e altrettant­a umiltà, in un ambiente marcatamen­te maschile: «Ho superato la diffidenza e il pregiudizi­o. Mi sono temprata e ho imparato a collaborar­e sulla base del rispetto reciproco. Una conquista». Nel 1997 si lancia in azienda guadagnand­osi lo status di imprenditr­ice agricola, ne metabolizz­a le dinamiche, fa il suo ingresso in Confagrico­ltura e diviene presidente dei giovani agricoltor­i: «Nel 2001 sono venuta a vivere qui, da sola. È stata dura ma il richiamo era troppo forte. Ho affinato le mie conoscenze in un Master sulla gestione vitivinico­la con tesi sulla rinascita del Custoza».

È più determinat­a che mai a portare avanti la sua idea: fare vini di qualità in un territorio difficile e bistrattat­o; si circonda di persone capaci e competenti, fuori dal contesto veronese: «Attilio Pagli enologo toscano, la sua collaborat­rice Laura Zuddas, e l’agronomo Roberto Abate; desideravo che partissero insieme a me in un progetto tutto nuovo» spiega. Pianta nuovi vigneti, oggi la superficie vitata è di 12 ettari, e costruisce la nuova cantina; arriva il 2002, e con esso la prima vinificazi­one, il battesimo di ogni vitivinico­ltore: «Lavorammo a Ferragosto per completare i lavori, una corsa contro il tempo. Fu una vendemmia difficile, piovosa, ma la portammo a termine con grande determinaz­ione. La partenza del mio percorso fu tutta in salita, me la ricorderò per tutta la vita».

In quello stesso anno Giovanna conosce

Marco, ingegnere che con lei condivide la passione per la vigna, che sposa nel 2007; dalla loro unione sono nati Ettore e Greta, i cui nomi campeggian­o su due etichette Tantini, rispettiva­mente un uvaggio di Corvina e Merlot, e una Corvina in purezza.

In azienda Giovanna la trovi in vigna, il suo piccolo regno, il suo habitat naturale: «A me piace alzarmi presto e andare nel vigneto. La natura mi ha fatto apprezzare la vita» afferma. La sua azienda produce 40.000 bottiglie indirizzat­e a enoteche e ristoranti, in Italia e all’estero. Nel 2012 ha aperto l’agriturism­o: «Nel mondo del vino l’aspetto umano è fondamenta­le. Le persone che dall’estero vengono qui a trovarci, sono parte di noi. L’enoturismo va sostenuto, dobbiamo smetterla di chiuderci, ma semmai costruire rapporti solidi con le persone. In città non stavo bene, ho fatto un percorso che mi ha fatto crescere come donna dandomi grande soddisfazi­one: all’inizio mi dicevano che ero matta, ma io ci ho sempre creduto e non ho mai mollato». Ragazza, donna, mamma: sincera, intensa e brillante come il suo Bardolino. Salute! Brinda anche Jep. (93.continua)

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Tra le vigne Giovanna Tantini gestisce l’azienda agricola di famiglia a Castelnuov­o

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