Zaia-Crisanti, scontro al veleno
Il «padre» dei tamponi: «Non c’era un piano Veneto, salvati dai miei reagenti». Zaia: «Polemiche inutili» La sanità Il professore critica la Regione dopo le dichiarazioni che lo hanno messo in ombra: «Contro di me meschinerie politiche, la storia è un’al
Dura replica del professor PADOVA Andrea Crisanti alle critiche che gli sono state rivolte dal governatore Luca Zaia e dalla dirigente della sanità veneta Francesca Russo giovedì scorso. «Dire che il Veneto aveva un piano tamponi è una baggianata - tuona Crisanti - e a salvarci sono stati i reagenti arrivati dall’Imperial College di Londra. Contro di me solo meschinerie politiche, ma la vera storia è un’altra». Zaia smorza i toni e commenta: «Polemiche inutili». Ma Russo non ci sta: «Crisanti scorretto.
Adottata sì, ma partorita PADOVA proprio no. Per Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, dire che l’idea di fare i tamponi a tappeto per contrastare il coronavirus in Veneto è partita dalla Regione, e in particolare dal dipartimento regionale di prevenzione diretto da Francesca Russo, equivale a dire «una baggianata». E a dirlo, nella conferenza stampa quotidiana sull’emergenza sanitaria di giovedì scorso, era stato il governatore Luca Zaia, che aveva indicato proprio nella «signora della sanità veneta» l’artefice del piano che ha consentito al Veneto di superare la pandemia più velocemente di altre regioni.
La bufera è nata anche perché giovedì Crisanti aveva salutato con entusiasmo la notizia del primo giorno con zero contagi in Veneto, ma non aveva fatto i conti con i 25 nuovi casi del giorno successivo e con le conseguenti polemiche dei colleghi, che di fatto lo hanno accusato di imprudenza: dalla Russo a Giorgio Palù, da Giuseppe Lippi ad Antonella Viola, gli scienziati e gli esperti che stanno seguendo la vicenda da vicino hanno sottolineato l’importanza di considerare il trend su più settimane e non il dato giornaliero, per non correre il rischio di far diminuire l’attenzione da parte dei cittadini. Insomma, l’uomo-simbolo della lotta al coronavirus in Veneto, insignito della cittadinanza onoraria dal Comune di Padova e fautore dello studio sulla popolazione di Vo’ che promette di svelare i meccanismi del contagio all’interno di una piccola comunità, si è sentito improvvisamente messo da parte, relegato al ruolo di comprimario dopo oltre due mesi vissuti da protagonista. Così ieri Crisanti ha voluto mettere le cose in chiaro, e lo ha fatto con toni molto duri.
Professor Crisanti, le sue
dichiarazioni sui contagi zero in Veneto sono diventate un caso. In pratica i colleghi l’hanno accusata di essersi lasciato prendere dall’entusiasmo, di aver fatto passare un messaggio fuorviante...
«In realtà tutto nasce dall’insipienza dell’Azienda Zero, che giovedì scorso ha emesso un bollettino sui contagi zero in Veneto ma non si è resa conto dell’effetto mediatico che avrebbe avuto la notizia e ha lasciato un vuoto di comunicazione. Gli uffici stampa dell’Università di Padova e dell’Azienda ospedaliera sono stati bombardati dalle richieste di commenti, e del resto il dato era così importante che non si poteva non commentare. Sono intervenuto, non mi sono inventato niente e ho evidenziato il ruolo di tutti, ma il mio commento è stato strumentalizzato. Io ho solo detto che era la prima volta dopo cento giorni, poi è chiaro che questo dato non è una cosa stabile, non sono uno sconsiderato».
In altre parole, il senso del suo discorso sembra questo: prima mi hanno mandato avanti, poi hanno contestato quello che altri non hanno avuto il coraggio di dire. È così?
«In un certo senso sì. Quelli dell’Azienda Zero evidentemente erano a casa, perché dopo cento giorni così tragici dovevano essere loro a commentare questo dato. Siccome non l’hanno fatto, e siccome abbiamo ricevuto almeno una cinquantina di richieste dai giornali di tutta Italia, la responsabilità di rispondere ce la siamo presa noi. Le pare che il primo giorno con zero
«Favole» Io non ho interessi politici, se volete credere alle favole siete liberi di farlo Fino a ieri pensavo che collaborassimo con la Regione e che i meriti venissero riconosciuti, io posso dimostrare tutto e loro no
«La verità» Io continuo a lavorare e aspetto i fatti, che mi daranno ragione. Ora tutti vogliono la paternità di micro e macro successi per ragioni politiche, così possono riscrivere la storia. Ma ciò che affermano non corrisponde al vero
contagi in una regione che era stata dichiarata zona rossa non sia una notizia da commentare? Quella era una milestone, una pietra miliare. Io ho fatto un commento equilibrato, che però è stato manipolato. Non capisco le ragioni delle polemiche e non capisco perché vengono dati meriti a persone che non ne hanno, forse sono manovre di palazzo che vanno oltre la mia comprensione».
A cosa si riferisce? C’entra qualcosa la conferenza stampa di giovedì scorso, con cui il governatore Zaia ha messo in risalto il ruolo di Francesca Russo?
«Se la dottoressa Russo aveva un piano sui tamponi, deve spiegare perché l’8 febbraio il suo ufficio mi ha intimato di non fare più i tamponi agli asintomatici che tornavano dalla Cina. Dire che aveva un piano è una baggianata. Vogliamo prendere in giro tutti? Io non ho interessi politici, se volete credere alle favole siete liberi di farlo. Fino a ieri pensavo che collaborassimo e che i meriti venissero riconosciuti, io posso dimostrare tutto e loro no. Non si capisce bene perché la dottoressa Russo emerge così, dopo due mesi in cui erano state dette cose molto diverse. In ogni caso lei non scriverà nessun report scientifico perché non ha nessun dato in mano».
La tensione che si è venuta a creare in questi ultimi giorni con i colleghi e con la Regione rischia di compromettere lo spirito di collaborazione che abbiamo visto nei mesi dell’emergenza?
«Io continuo a lavorare e aspetto i fatti, che mi daranno ragione. Ora tutti vogliono la paternità di micro e macro successi per ragioni politiche, così possono riscrivere la storia. Purtroppo quello che affermano non corrisponde al vero, sono solo umane meschinerie su cui ho intenzione di passare sopra. Se non avessimo usato i reagenti dell’Imperial College (l’Università di Londra da cui proviene Crisanti, ndr), ci avremmo messo un mese e mezzo a sviluppare i tamponi, con tutta la burocrazia che ci hanno messo. Ora vogliono cambiare la narrativa. Viste da uno che è stato in Inghilterra, queste cose mi fanno tenerezza».