Crac e bancarotta: 18 mesi a padre, figlio e nuora
Beni distratti, libri contabili spariti, situazioni VERONA di dissesto aggravate. Tutti illeciti che per il codice penale configurano il reato di bancarotta fraudolenta. Accusa su cui, ieri, si sono incentrate due diverse vicende approdate davanti al giudice Paola Vacca ad altrettante sentenze. Per quanto riguarda la prima udienza, gli imputati erano padre, figlio e moglie di quest’ultimo: stando alle accuse, avrebbero distratto beni strumentali, giacenze economiche e risorse economiche da un maglificio fallito, società di cui i primi due imputati ricoprivano la carica di presidente del consiglio di amministrazione e socio-consigliere. A padre e figlio, inoltre, si contestava di aver aggravato lo stato di dissesto della società, astenendosi dal richiedere la dichiarazione di fallimento. Sempre stando alla ricostruzione delineata dalla Procura, la società intestata alla nuora sarebbe stata beneficiaria delle distrazioni di beni per complessivi 243 mila euro. Contestazioni che in aula si sono tradotte per i tre familiari in altrettanti patteggiamenti: 18 i mesi da scontare, con la sospensione della pena.
Ed era accusato di bancarotta fraudolenta, nell’ambito di una diversa indagine, anche un pakistano che ieri, grazie all’accordo tra difesa e pubblico ministero Maria Diletta Schiaffino, ha patteggiato due anni. In concorso con un socio connazionale che però si è reso irreperibile, gli si contestava di aver distratto una serie di beni mobili dal patrimonio fallimentare della cooperativa di lavori e servizi di cui era stato amministratore unico. In particolare avrebbe sottratto alla società fallita otto veicoli, ma anche i libri e le scritture contabili «con lo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori». Per tali illeciti, che risalivano al 2018, sconterà 24 mesi.