«Mascherina fracà» Gioco non apre d’estate
Quando, nel 2019, morì il cuoco-poeta Giorgio Gioco, la famiglia tolse i menù dalla lavagna all’esterno del «12 Apostoli» per scriverci una frase che l’anziano patriarca amava: «Muso duro e bareta fracà».
Oggi la «bareta» (cappello) è diventata, potere dei tempi, una mascherina. Dopo il lockdown, il ristorante «12 Apostoli» non riapre in estate, lo farà solo a settembre. Per dare l’annuncio ai propri clienti, ha tappezzato il portone dello storico locale di vicolo Corticella San Marco, con uno slogan che sarebbe piaciuto a Giorgio Gioco: «Muso duro e mascherina fracà». Uno dei padri della cucina veronese, artefice del premio letterario «12 Apostoli», aveva fatto di questo modo di dire della lingua veneta uno spirito di vita: berretto ben calcato sulla fronte e viso«cattivo», quello di chi è abituato a lavorare senza guardare in faccia nessuno e senza perdere tempo in parole inutili. «È una decisione ragionata nei tempi e nei modi, che abbiamo preso e condiviso con il nostro staff, una Verona estiva nel 2020 per noi non era immaginabile». Filippo Gioco, nipote di Giorgio e alla guida del ristorante stellato prova a spiegare i motivi che hanno portato la famiglia a non riaprire. «Durante il lockdown non abbiamo proposto né delivery né asporto, ora abbiamo deciso non di fermarci ma di prendere una rincorsa per ripartire con più slancio a settembre. A marzo con i Dpcm avevamo il dovere morale di chiudere, Verona è stata profondamente toccata dal virus. Ora non sentiamo il dovere morale di riaprire». Filippo
Gioco spiega che la parola «ristorazione» abbraccia sia quella «di servizio» sia quella «di intrattenimento, come la nostra, che potrebbe essere quasi avvicinata al mondo dello spettacolo. Noi vogliamo che la gente quando si siede al ristorante sia serena e noi sereni assieme a loro. Abbiamo scelto settembre perché pensiamo che in quel mese saremo più abituati alla convivenza al virus». Filippo, assieme al padre Antonio, ci tiene a dire una cosa: «Ci vuole coraggio a riaprire in questo momento ma ci vuole anche coraggio a non riaprire. Noi siamo affezionati al nostro ristorante, è da 99 anni che la nostra famiglia gestisce questo pezzo di storia della città, ma non possiamo neanche permetterci di arrivare “zoppi” all’appuntamento con il centenario nel 2021. Detto questo rispettiamo la decisione di chi ha deciso di riaprire, anche se non si può far finta che in questi mesi non sia successo nulla».
Tra i motivi che hanno pesato nella scelta ci sono le indicazioni dell’Inail («ci dicono tutti che sono superate, che in caso di contenzioso vincerà il buon senso, ma alla fine il giudice si misurerà con il buon senso o con le direttive nazionali?»), il crollo del turismo straniero a Verona e soprattutto la poca mobilità che nei prossimi mesi avrà la clientela dei viaggiatori over 65, che rappresentano una parte importante della clientela del locale. «Il ristorante — scherza Filippo — è nato nel 1750, è come un vecchietto che d’estate deve fare attenzione. Riapriremo l’8 settembre, nella data in cui l’esercito italiano deponeva le armi davanti agli angloamericani con l’armistizio del 1943; noi le riprenderemo in mano».
A luglio sarà lanciato un nuovo sito curato dall’art director Filippo Maglione e in cui sarà possibile prenotare, a settembre si riaprirà con menù semplificati (da quattro a due) e senza la possibilità di scegliere alla carta. Fino ad agosto, resteranno in cassa integrazione i dieci dipendenti. «Nessuno ha ancora preso nulla da marzo, per noi questa è la nota più triste e amara».
Filippo Gioco
Direttive e crollo del turismo, ci vuole coraggio a riaprire in questo momento ma ci vuole anche coraggio a non riaprire