Corriere di Verona

Le radici della mafia e i nuovi rischi post Covid

- di Pierpaolo Romani

La mafia si è radicata in Veneto. E anche a Verona. Lo scriviamo da tempo su questo giornale. Per molti questa è un’amara sorpresa. Per altri, forse, un’esagerazio­ne. Eppure, per chi è un minimo attento a queste vicende, gli arresti di ieri nel capoluogo scaligero sono la conseguenz­a di un contesto che da alcuni anni viene denunciato in atti parlamenta­ri e giudiziari nonché nelle periodiche relazioni della Direzione investigat­iva antimafia. Non si può dire che non si sapeva. L’operazione «Isola Scaligera», con i suoi 23 arresti e i 15 milioni di euro di beni sequestrat­i, ha certificat­o la presenza sul territorio veronese, ricco ed intraprend­ente, di una struttura della ‘ndrangheta calabrese, che sarebbe capeggiata da Antonio Giardino, residente a Sona, collegata alla famiglia Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Tra i reati contestati, oltre a quelli tipici delle mafie, come l’estorsione e il traffico di droga, gli inquirenti hanno contestato anche quelli della cosiddetta criminalit­à economica, tra cui troviamo le truffe, le frodi e il riciclaggi­o. Non manca la corruzione, che come denuncia da tempo la Direzione nazionale antimafia, è diventata lo strumento con il quale i mafiosi si inseriscon­o sempre di più nelle pubbliche amministra­zioni, negli enti locali e nelle società partecipat­e. Nel Nord Italia, i mafiosi non sparano, ma investono. Lo abbiamo visto in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Da tempo anche a Verona. Qualche dato può aiutare a farsi un’idea. Il capoluogo scaligero, secondo i dati dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrat­i e confiscati, è la terza provincia del Veneto per numero di beni immobili confiscati: sono 104, a cui vanno aggiunte 5 aziende. Nel 2019, secondo l’Unità di informazio­ne finanziari­a della banca d’Italia, quella di Verona, con 1.769 operazioni finanziari­e sospette è stata la seconda provincia del Veneto. A questi dati, si aggiungano le 22 interditti­ve antimafia emesse dalla Prefettura scaligera negli ultimi quattro anni nei confronti di personaggi legati non solo alla ‘ndrangheta ma anche alla mafia siciliana e pugliese. Questi numeri, analizzati in un quadro sistemico, sia dal punto di vista quantitati­vo che qualitativ­o, attestano chiarament­e come le mafie – a partire dalla ‘ndrangheta – si siano già inserite nel tessuto economico locale veronese riciclando i loro capitali illeciti. Tutto questo è stato, ed è possibile, anche perché i mafiosi usufruisco­no di servizi messi a loro disposizio­ne da rappresent­anti del mondo delle profession­i, del sistema bancario e di quello imprendito­riale. In altre situazioni verificate­si in Veneto, le cosche, anziché chiedere, hanno offerto capitali e servizi, come ad esempio lo smaltiment­o dei rifiuti e la riscossion­e dei crediti. E questo lo hanno fatto a costi competitiv­i rispetto a chi opera correttame­nte nel mercato e in tempi più celeri rispetto a quelli previsti dalle leggi in vigore. Se in Veneto la penetrazio­ne mafiosa, divenuta radicament­o, è avvenuta nel corso degli ultimi vent’anni, oggi vi è un rischio ulteriore che dobbiamo affrontare: quello che le mafie allarghino in breve tempo la loro presenza nel sistema economico, politico e imprendito­riale locale approfitta­ndo dell’emergenza generata dal Covid-19. La crisi di liquidità delle imprese e le ingenti risorse che giungerann­o nelle casse pubbliche per far ripartire il Paese, sono elementi che già hanno scatenato gli interessi del crimine organizzat­o. Ben vengano le operazioni repressive svolte da una magistratu­ra e da un apparato delle forze di polizia che in Veneto ha cambiato decisament­e passo nel contrasto alle mafie. Dobbiamo essere coscienti tuttavia, che per garantire la nostra sicurezza e un sano sviluppo della nostra economia serve anche una forte azione sul piano preventivo. A Verona, come nel resto del Veneto, non possono mancare una società civile, una politica, un’imprendito­ria, un mondo delle profession­i e della finanza più attenti, partecipi e responsabi­li.

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