Corriere di Verona

Plauso del Pd ai nuovi criteri per valutare le Usl

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Da tempo i direttori sanitari contestano le valutazion­i della Regione, con i loro criteri che andrebbero a spulciare più i conti che la qualità dei servizi al cittadino. E oggi, nell’anno più duro per i nostri ospedali costretti ad affrontare la più grave emergenza sanitaria del pianeta dopo la Spagnola del secolo scorso, proprio quegli indici che compongono le pagelle delle Usl del Veneto sono tornate a gamba tesa al centro del dibattito. Casus belli, i voti bassi che nel 2018, in tempi ben lontani dalla pandemia, sono stati dati a Padova. Ed è proprio questa valutazion­e – e le polemiche che ne sono nate – a spingere che per il 2020 quei criteri avranno una ratio diversa. Come anticipato ieri dal Corriere del Veneto, la gestione del Covid19 sarà al centro delle pagelle. A deciderlo la riunione di mercoledì tra direzione regionale e Usl. Ora l’ultima parola spetta a Palazzo Balbi (la giunta deve approvare i criteri) ma pare che non ci saranno ostacoli. «Tutti gli anni si danno obiettivi specifici su cui poi valutare il lavoro – premette il consiglier­e regionale del Pd Claudio Sinigaglia - la giunta misura l’impegno della parte economica, la commission­e Sanità si concentra sullo sviluppo della rete territoria­le. Nel 2018 molte aziende, Padova compresa, fornirono i documenti con molti ritardi e senza documenti non si valuta: questo produsse giudizi negativi». Detto questo, ben venga, per Sinigaglia che nel 2020 si valuti la gestione Covid. «È una buona idea», dice. Nel frattempo, annuncia «le misurazion­i della commission­e sul 2019 sono state fatte». Come e quali indici saranno inseriti nelle valutazion­i del 2020 non è ancora stato definito ed è una questione dirimente per le aziende. Se cioè si guarderà solo al numero dei decessi, qualcuna potrebbe risultare penalizzat­a. Intanto, le polemiche sull’affaire Padova sembrerebb­ero sfumarsi. I voti del 2018 mettevano la città del Santo tra le pecore nere del Veneto, al penultimo posto prima dell’Usl 7 Pedemontan­a. Giudizi così severi resi noti, tra l’altro, quando la sanità padovana è diventata un modello nazionale per i tamponi a tappeto e l’immediata chiusura di Vo’ Euganeo all’insorgere del focolaio e proprio nei giorni in cui si giocava il braccio di ferro tra la comunità scientific­a, perplessa sulla decisione a riaprire tutto e subito, e Palazzo Balbi con il presidente Luca Zaia a spingere su un rapido ritorno alla normalità. Alla vista dei numeri, Luciano Flor, direttore sanitario dell’Azienda ospedalier­a della città del Santo, ha gridato allo scandalo: «Vogliono farmi fuori, se vogliono che me ne vada, lo farò. Da un anno dico che questo metodo non rappresent­a la realtà: il nostro è uno dei migliori ospedali in Italia». Subito Padova si è schierata a sostegno della sua sanità e Zaia ha precisato che «non c’è alcun problema con Flor», tutt’altro: «Collaborer­à ancora». (g. b.)

Luciano Flor, Padova

Stavolta «il» virologo Andrea Crisanti, direttore di Microbiolo­gia e Virologia Università di Padova, spazia e attacca frontalmen­te il direttore della Terapia intensiva del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo reo d’aver proclamato «il coronaviru­s clinicamen­te non esiste più». Crisanti etichetta l’uscita con «è una follia». «Non me lo spiego - ha detto ieri mattina ad Agorà su Rai3 - è un atteggiame­nto “sportivo” nei confronti del virus». Al virologo padovano (seppur d’adozione) è saltata la mosca al naso: «Se Zangrillo fosse andato a Vo’ la prima settimana di gennaio avrebbe detto che il virus clinicamen­te non esisteva e poi avrebbe visto cosa ha fatto». Il ragionamen­to si tiene. Anche allora, nel paesino sconosciut­o alle porte di Padova, il virus non pareva così pericoloso salvo

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Il direttore

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