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Il veneziano Del Soldà racconta le relazioni nella storia della filosofia Da Socrate agli insorti di Pancho Villa: il nuovo saggio affronta casi storici e grandi domande
1931. Agua Verde, afa e polvere. Un gruppo di rapinatori, il «Mucchio Selvaggio», dopo una rapina fallita è scappato oltre il confine in Messico. Lì, vengono ingaggiati da un generale di nome Mapache per rubare un carico di armi americane da usare contro gli insorti di Pancho Villa. L’affare è fatto: diecimila dollari pronti per loro ma Angelo, il messicano del Mucchio, tenta una truffa. Alcune delle armi rubate le tiene per Villa, che lui sostiene contro il generale; Mapache lo arresta, lo tortura. Gli amici del Mucchio potrebbero andarsene, ma non lo fanno; in quattro, combattono senza speranze un esercito intero. Per la giustizia. Per l’amicizia.
È questa, l’amicizia? O è forse la prigione buia dove di notte Critone di introduce corrompendo le guardie, per salvare Socrate a ogni costo, per convincerlo a farsi salvare, ma il filosofo invece lo redarguisce, gli dice di dover morire, perché c’è qualcosa di più importante dell’amicizia, ed è il destino degli uomini (ciò che dirà anche Gesù rispetto alle suppliche dei suoi amici / discepoli)? O, come per Epicuro, l’amicizia è invece otium, la distanza dagli affanni? O è soltanto un incontro fortuito, concreto, come fu per Montaigne e La Boétie, che sempre si parlarono, si condizionarono, si fecero crescere? E l’amicizia è sempre la stessa, o è cambiata, in un tempo in cui dilaga, al tempo stesso, un io «inautentico» da esibire nei social e un noi claustrofobico che finisce per scontrare un gruppo sociale ad un altro? Pietro Del Soldà è nato a Venezia nel 1973, ha studiato filosofia a Ca’ Foscari ed è da anni una voce di punta di Radio 3; «Tutta la città ne parla», il suo programma, è un piccolo cult di garbo e intelligenza. Dopo aver pubblicato nel 2018 il premiato Non solo di cose d’amore. Noi, Socrate e la ricerca della felicità, il veneziano è tornato in libreria in pieno lockdown, sempre per Marsilio, con Sulle ali degli amici (pagg. 152, euro 16). Dall’amore, dunque, Del Soldà passa all’amicizia; sentimento complesso, trascurato, messo (inevitabilmente) in coda a tutti anche nei recenti Decreti del Presidente del Consiglio, ma d’altro canto primario e insostituibile, cui ci siamo ancorati nella nostra clausura con Zoom e WhatsApp.
Del Soldà attribuisce candidamente all’amicizia delle «ali» più facili da intuire che da spiegare; ali malandate, sgraziate (à la façon dell’Albatros di Baudelaire) che fanno dire quasi grecamente all’autore che l’amico «possiede la bellezza e, memore di quella felicità altra, fa vibrare le ali».
È interessante, poetico, curioso, il modo di scrivere di Del Soldà, di certo allenato in anni di radio, per questo «orale», dialogico, attento all’interlocutore, colto (il libro è anche una rinfrescante carrellata da Platone ad Aristotele, da Nietzsche ad Hobbes) ma immediato, con escursioni nella scienza (i neuroni specchio e il Bosone di Higgs) e nella tematica ambientale, ma anche con tanta autobiografia (i viaggi dell’autore in Sudamerica, i musei frequentati da bambino). Parlare di amicizia diventa allora allora rivendicare la vita di relazione. È la necessità di collocarsi nel mondo non da soli, ma insieme agli altri, senza conflitto; le persone con le persone, gli Stati con gli Stati. E anche Del Soldà si colloca chiaramente; lo preoccupano le tendenze del nostro tempo, economiche, ecologiche, politiche. Lo preoccupa la solitudine, una società che non sa curarla (l’incipit è dedicato all’inglese Mark Gaisford, che divenne virale con un video in cui confessava di «non avere amici»). Ma la voce di Del Soldà non è mai vindice, apodittica, sguaiata. È essa stessa amichevole. E questa virtù rende molto concreta la sua filosofia; leggere questo libro dà profondità alle nostre relazioni, fa capire come la vita di ciascuno affronta le domande più grandi, e non lo si fa da soli, ma insieme agli altri, a quegli amici con cui talvolta abbiamo bisogno di scappare insieme nella felicità priva di affanni e talvolta, invece, atterriamo in qualche nuovo impegno, progetto. Altrettanto felici, o forse persino di più.
Un modo di scrivere poetico, curioso, allenato in anni di radio