Veggio, il vescovo voluto da Wojtyla
La scomparsa a 96 anni, martedì i funerali. Resse la curia veronese per 13 mesi
Monsignor Veggio è mancato ieri, dopo una lunga malattia, a 96 anni. E’ stato amministratore apostolico nell’ «interregno» tra il vescovato del cardinale Attilio Nicora e quello di Flavio Roberto Carraro. Un periodo durato tredici mesi, dal settembre del 1997 al 3 ottobre del 1998. In pratica, vescovo de facto. Il vescovo Zenti: «Un uomo segnato da spirito di fedeltà e di obbedienza, senza ambire a stare in prima fila»
«Nell’affresco io sono una delle figure di sfondo». Chissà se monsignor Andrea Veggio si sarebbe riconosciuto in questa citazione tratta da «Q», bestseller forse non tenerissimo con la Chiesa cattolica. Ma capace come pochi di evidenziare il ruolo, anche storico, di chi lavora nelle retrovie.
Monsignor Veggio è mancato ieri, dopo una lunga malattia, alla veneranda età di 96 anni, che sarebbero divenuti 97 ad agosto. Forse non molti fuori dagli ambienti della Curia sapranno chi è ed il ruolo che ha avuto: basti pensare che è stato amministratore apostolico nell’ «interregno» tra il vescovato del cardinale Attilio Nicora e quello di Flavio Roberto Carraro. Un periodo durato tredici mesi, dal settembre del 1997 al 3 ottobre del 1998. In pratica, vescovo de facto, in attesa della nuova nomina dal Vaticano che si è protratta per oltre un anno.
Vescovo ausiliare, secondo le definizioni ecclesiastiche, sin dal 1983, per volere del papa Giovanni Paolo II, con assegnazione della sede titolare (una «formalità» obbligatoria, quando si opera in una diocesi retta da un altro prelato) di Velia.Monsignor Veggio era nato nel 1923 a Manerba del Garda, provincia di Brescia ma diocesi di Verona. Venne ordinato sacerdote a 24 anni, dall’allora vescovo Girolamo Cardinale. Da quella data, dal 1947, l’inizio di una lunga attività pastorale sempre nel Veronese, tra parrocchie e il seminario.
Prima curato a Dossobuono, frazione di Villafranca, poi assistente del Collegio vescovile. Quindi, già dal 1951 vicerettore del seminario, poi direttore spirituale della sede, sempre seminarile, di Roverè. Negli anni ’60, il ritorno nelle parrocchie, con la nomina ad abate di Isola della Scala, seguita da quella di canonico onorario della capitolo della Cattedrale. Questo passaggio, che comportò anche l’arrivo del titolo di monsignore, fu il prodromo della sua attività in Curia, a partire con il vescovo Giuseppe Carraro, per il quale ricoprì l’incarico di vicario generale.Quindi, dal 1983, dopo la consacrazione a vescovo in Cattedrale, divenne «ausiliario» nella diocesi. Un incarico che portò avanti fino alla pensione per raggiunti limiti d’età, nel 2001. Ma ancora nel 2013, monsignor Veggio rappresentava il vescovo di Verona in molte celebrazioni tra cui, in particolare, la celebrazione delle cresime nelle parrocchie. Gli ultimi anni di monsignor Veggio sono stati segnati da una malattia che l’ha costretto sulla sedia a rotelle, con il conseguente ritiro nella Casa del Clero di Negrar, struttura da lui voluta. Tuttavia, precisa la diocesi, «fino all’ultimo è rimasto lucido». I funerali si terranno martedì alle 15.30 nella «sua» Cattedrale.
«A lui vanno la mia ammirazione e la riconoscenza di tutta la diocesi – sono le parole del vescovo, monsignor Giuseppe Zenti -. Monsignor Veggio ha prestato il suo umile e assiduo servizio di vescovo emerito dovunque fosse richiesto, fino a quando la salute ormai fortemente incrinata lo costrinse al ritiro. Il vescovo Andrea Veggio si è sentito prete fin nel midollo, mostrandosi un uomo segnato da spirito di fedeltà e di obbedienza, senza mai ambire a stare in prima fila. Preferiva invece rimanere e operare nella penombra. Ha amato di vero cuore il seminario e l’intero Presbiterio». Un uomo «di grande preghiera», ricorda monsignor Zenti. Il primo ad organizzare pellegrinaggi, a Lourdes, ma anche al santuario della Madonna della Corona, che ha raggiunto salendo a piedi da Brentino decine di volte.
Zenti «Spirito di fedeltà e obbedienza, senza mai ambire a stare in prima fila»