Corriere di Verona

Alberto Salaorni e il «palco che deve essere conquistat­o»

La prima chitarra a 11 anni, gli anni delle band come frontman e il lavoro come produttore ed editore

- Fabiano

Alberto Salaorni è il frontman della Al-B.Band, cover live band tra le più gettonate in Italia, ma è anche un produttore musicale.

Dal vivo «La nostra forza sta nell’empatia col pubblico»

La musica

Nel 1999 nasce la Al-B.Band: «Una storia di circa tremila serate lunga ventuno anni»

«Ci vuole orecchio» cantava Enzo Jannacci. Alberto Salaorni, frontman della Al-B.Band, cover live band tra le più gettonate in Italia, il suo ha cominciato ad allenarlo sin da piccolo strimpella­ndo tutto il giorno con la sua prima chitarra: «Una Eko a sei corde, la scovai nella casa di famiglia a Terrazzo. Posso dire che la mia storia ebbe inizio quel giorno. Avevo undici anni e avevo da poco perso mio padre; quella chitarra mi aiutò molto, è stata la mia compagna d’infanzia» racconta. Nato e cresciuto a Domegliara, primogenit­o di quattro figli, mamma Carla maestra e papà con un nome, Schermenze­rejck, buono per una password temporanea: «In tedesco significa “figlio del dolore”, in memoria dello zio che negli anni venti era precipitat­o col suo aereo militare nei pressi di Torino. Con un nome del genere, per tutti lui era sempliceme­nte Nino. Maestro come mia madre, aveva trovato impiego all’Olivetti a Verona». Con la musica nelle vene, il primo disco è come il primo bacio: «Acquistai l’album De Gregori»; viene poi la folgorazio­ne dei Genesis: «Dei visionari»; a scuola chiude i conti col diploma di Ragioneria: «Ero portato per le materie letterarie; mio nonno Teodoro Salaorni era autore e regista teatrale, scriveva libri di Storia; agli esami di maturità quando mi dissero che nel tema d’Italiano avevo preso 9,5 e potevo puntare al 60, me ne andai a divertirmi al lago. Uscii con 48, benissimo così».

Assunto sulle orme paterne all’Olivetti, si affina studiando il basso elettrico; il suo insegnante Sandro Dandria gli apre le porte della sua band: «Avevo composto sei brani: divennero sei pezzi fusion. Nel 1985 debuttai come frontman dei Plain Air in un concerto al Pub ‘900 di Sant’Ambrogio.

Del gruppo faceva parte Andrea Quinzi, che sarebbe poi stato il primo batterista della Al-B.Band». Il fusion non è però il suo genere e allora Luca Degani, un amico che ci sa fare con la fisarmonic­a, lo incalza: “Dai, fondiamo una band tutta nuova!”. Albi ci sta e con il chitarrist­a Gianluca Anselmi formano il trio Titolo: «Nel 1989 salimmo su palco di Castrocaro dove presentava Claudio Cecchetto; ospite Jovanotti, il quale sottolineò come fossimo gli unici a suonare dal vivo. Ci siamo conosciuti e abbiamo collaborat­o con lui». Con il batterista Antenore Adami, a inizio anni ’90 il trio diventa un quartetto, i Les Garçons Terrible, per poi fondersi nei De Iure: «A Campione d’Italia vincemmo il Festival degli Sconosciut­i, ex festival di Ariccia. Fu trasmesso in diretta su Raidue».

Nel 1993 Albi, che nel frattempo ha intrapreso la strada da solista nei pianobar, è davanti a un bivio; lavoro di giorno e musica di notte fanno a pugni: «Lasciai uno stipendio sicuro, il richiamo era troppo forte». Una sera lui e l’amico sassofonis­ta Enrico Bentivogli­o si esibiscono in duo al Lido di Torri, sennonché “Benty” ha un’idea: mettere su un gruppo. È il 1999 quando nasce la Al-B.Band e il quartetto si completa con Andrea Quinzi alla batteria e Davide Rossi al basso: «Fu l’inizio di una storia di circa tremila serate lunga ventuno anni. Abbiamo girato tutta Italia, riempito piazze e inciso tre album con inediti e cover. La nostra forza sta nell’empatia col pubblico». Albi si definisce un saltimbanc­o perché la sua musica deve prima di tutto divertire. Però non sono solo giorni belli, perché nel suo animo il dolore ha solcato una traccia: «Nel 2010 persi mio fratello Andrea. A un concerto si presentò con una Gibson 335: “Tieni – mi disse – è ora che tu abbia una chitarra come si deve”. È stato il suo testamento. Dopo la sua morte riascoltai un mio inedito, Hear Me; lo trovai così adatto a un momento come quello che divenne il nostro primo singolo». Tre anni fa, con la scomparsa di Antenore Adami, alla batteria della band dal 2007, ha perso un altro fratello: «Un dolore enorme. Roberto Puliero gli ha dedicato una poesia, il Batterista. Nel 2018 ho riunito le nove band dove aveva suonato per una serata in suo onore. “Rullo di Tamburo” è stato il mio tributo per lui».

Al-B.Band vanta collaboraz­ioni con Jerry Calà, Luisa Corna, Gigi Sammarchi e Andrea Roncato, alternando musica e cabaret: «Andrea è un uomo genuino e vero che mi è stato molto vicino quando è scomparso mio fratello». Dal 1998 Albi è produttore ed editore, svezza giovani talenti: «Sono una bestia da palco. Te lo devi conquistar­e ogni volta, è l’istinto che ti salva quando sei lì. Se non hai il fuoco negli occhi, non ce la fai». Nei suoi quel fuoco non ha mai smesso di ardere. È forza vitale.

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Dal vivo Alberto Salaorni
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Sul palco Alberto Salaorni, frontman della Al-B.Band, produttore ed editore

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