L’Ue: aeroporti veneti fuori dalle zone più a rischio
Bene gli acconciatori, male i ristoranti: «La gente ha ancora paura». Gli aeroporti fuori dalla lista delle zone più pericolose
L’Unione Europea toglie gli aeroporti di Venezia e Verona dalla lista degli scali a rischio: «Il turismo può riprendere», dice l’assessore regionale Caner. Intanto bar, ristoranti, parrucchieri ed estetisti fanno il bilancio di tre settimane di lavoro. E temono, per l’autunno, chiusure e licenziamenti.
Non sorprendiamoci se, di qui a breve, esploderà il fenomeno delle cosiddette «ghost kitchen», le «cucine fantasma» senza tavoli né sedie dove staff di soli cuochi prepareranno piatti da asporto. O se alcune discoteche restituiranno la licenza da sala da ballo per tramutarsi in giganteschi - e meno costosi, per i gestori - bar dove ascoltare dj-set senza ballare. O se ancora pagheremo il caffè almeno 10 centesimi in più. Lo scenario post-Covid, in sostanza, potrebbe mutare il volto del sistema ristorazione-intrattenimento del Veneto. Con un solo obiettivo: sopravvivere alla crisi. Anche se un barlume di speranza c’è: l’Ue ha tolto gli aeroporti veneti dalla lista delle zone a rischio. Si torna a volare.
Ad ogni modo, il primo bilancio delle categorie dopo tre settimane di riapertura non offre un quadro soddisfacente. Bene hanno lavorato acconciatori ed estetisti («anzi, superlavorato») ma l’agenda degli appuntamenti comincia già a sfoltirsi e il 30% delle attività non avrebbe neppure riaperto. «Il boom iniziale c’è stato - ammette Tiziana Chiorboli, presidente regionale e nazionale di Confartigianato Acconciatori ed i clienti hanno dimostrato il loro affetto. Adesso la situazione si sta assestando. Stiamo tornando alla normalità».
Normalità, tuttavia, non significa che i problemi siano risolti. «Avvertiremo i veri effetti - precisa Chiorboli - fra 20-30 giorni, ma se non riceveremo soldi a fondo perduto molti posti di lavoro saranno a rischio. Sottolineo: soldi a fondo perduto, non prestiti». Quanti posti potrebbero saltare? «In Veneto abbiamo 8.408 parrucchieri con 17.459 addetti e 3.673 estetisti con 6.755 dipendenti. L’impatto potrebbe aggirarsi sul 10%. Molti non hanno ricevuto né i 600 euro né la cassa integrazione, sono amareggiata». Concorda Valeria Sylvia Ferron, presidente del settore Estetica di Confartigianato. Secondo cui, però, i centri estetici subiscono anche altri problemi. «Abbiamo perso la primavera, una stagione chiave per noi. E molti clienti non andranno in vacanza, per cui non sentiranno l’esigenza di sottoporsi a trattamenti», spiega. Senza contare un’altra variabile: la paura. «Già prima utilizzavamo guanti, mascherine e igienizzanti. Ora si sono aggiunte le visiere, ma c’è chi teme l’approccio ravvicinato.
Specie le donne e chi ha genitori anziani, mentre gli uomini sono più fatalisti» ammette Ferron. Dopodiché c’è la questione delle mamme con figli piccoli: «Non tutti hanno nonni ai quali affidare i bambini, c’è chi è rimasto in smart working... Manca obiettivamente il tempo». Quanto ai prezzi in pochi - secondo Ferron - avrebbero ritoccato i listini. «Vedremo come andrà nel lungo periodo, considerato il nostro ruolo legato non sono all’estetica ma anche al benessere, ma temo che avverranno delle chiusure».
Sul fronte della ristorazione il bilancio è negativo. L’ampliamento dei plateatici ha consentito di arginare le perdite, ma i numeri sarebbero comunque impietosi: «Stiamo operando al 30%», dichiara Filippo Segato, segretario della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) del Veneto. I motivi sono molteplici: «A causa della paura gli over 55 sono scomparsi, ed è la fascia che spende di più. Abbiamo perso matrimoni, battesimi e comunioni, ma anche le feste di fine anno scolastico e le cene di chiusura dei campionati. Maggio era un mese fondamentale. Giusto i bar che servono l’aperitivo sono tornati al 60-70% del fatturato, grazie ai ragazzi che possono uscire». Le pasticcerie, poi, hanno saltato la Pasqua, la festa della mamma «e d’estate lavorano poco o nulla». «Nel complesso, da qui a fine anno potremmo perdere il 20% dei locali. L’autunno sarà drammatico». Quanto all’asporto, i risultati non hanno entusiasmato: «Qualcuno ha retto, molti altri hanno rinunciato presto. E solo a Padova metà degli uffici è ancora in smart working: ciò significa poco lavoro a pranzo», spiega Segato. Che teme per la sorte «di 20 mila dei 100 mila dipendenti del settore, in Veneto». Sempreché - come pare inevitabile - i prezzi non aumentino, a cominciare dal caffè, e non si punti su nuovi modelli: «Le ghost kitchen, appunto, e le discoteche convertite in bar. Ma saranno ripieghi».
Una buona notizia dopo giorni neri arriva invece per turismo e aeroporti: l’Easa, Agenzia europea per la sicurezza aerea, ha rimosso gli aeroporti veneti dall’elenco degli scali situati in aree ad alto rischio. Ciò agevolerà la ripresa dei collegamenti «e sarà una boccata d’ossigeno per il nostro settore turistico», esclama l’assessore regionale al Turismo Federico Caner. Restrizioni imposte da Paesi come la Grecia, dunque, dovrebbero decadere. E con la ripresa degli arrivi si spera nell’innesco di un ciclo virtuoso che restituisca ossigeno anche a bar e ristoranti.
Caner La ripresa dei voli darà una boccata di ossigeno al nostro turismo