L'indagato ricorda: «Quella volta che consegnai il riscatto per Carlo Celadon»
Angelo Zito era «il picchiatore» del clan. Secondo la Dda, se qualcuno non saldava un debito era a lui che veniva affidato il lavoro sporco. Almeno quando, con la complicità del suo compare Giuliano Callipari, avrebbe richiuso un uomo in un magazzino minacciando di prenderlo a martellate se non pagava.
Ora, questo 62enne nato a Cosenza ma che da tempo abitava a Pergine Valsugana (in provincia di Trento), è in carcere accusato dalla Dda di reati che vanno dal tentato sequestro di persona alla tentata estorsione. Gli investigatori sono convinti di avere a che fare con un tipo pericoloso, anche sulla scorta di alcuni dialoghi intercettati nel corso dell’indagine. Il più inquietante risale al 13 ottobre del 2018, quando Zito e l’amico Callipari (pure lui arrestato) stanno compiendo un lungo viaggio in auto, diretti in Calabria. Giunti nei dintorni di Brescia, i due ricordano il rapimento dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini, avvenuto nel 1997 proprio in un paesino della provincia lombarda. Da lì, Zito si lascia andare a una confidenza: svela di aver avuto un ruolo nientemeno che nel pagamento del riscatto per la liberazione di Carlo Celadon, sequestro avvenuto ad Arzignano (Vicenza) nel 1988 e organizzato - guarda caso - da uomini legati alla ‘ndrangheta. Fu la prigionia più lunga della Storia italiana: trascorsero 831 giorni prima che i genitori riuscissero a riabbracciare il ragazzo.
Nelle carte dell’inchiesta trentina, Zito ricorda che gli investigatori bloccarono i conti corrente della famiglia Celadon e quindi i soldi per il riscatto arrivarono da un importante industriale vicentino. La vittima - spiega l’indagato a Callipari - era tenuta prigioniera in un ovile vicino allo svincolo per Pizzo Calabro. «La valigia con i soldi l’hanno lasciata là, in una scarpata», sostiene. E fin qui il racconto viene ritenuto credibile, visto che fu lo stesso Carlo Celadon a raccontare di essere stato trasferito più volte da un nascondiglio all’altro e che effettivamente uno di questi era un ovile